I dati di questi primi giorni in cui si può presentare domanda di ape sociale o Quota 41, dimostrano come l’attesa per le misure previdenziali inserite nel pacchetto pensioni della Legge di Bilancio era tanta. In pochi giorni sono state oltre 10mila le istanze presentate all’Inps, sintomo questo che molta gente attendeva con ansia le nuove scorciatoie per andare in pensione. Si tratta dell’effetto che la Legge Fornero e le nuove notizie circa l’aspettativa di vita hanno sui lavoratori che come possono, scelgono la via più breve per il pensionamento.
Ape sociale e quota 41 però sono le misure dal carattere tipicamente assistenziale create dal Governo e sono misure che si rivolgono a pochi soggetti. La vera risposta all’esigenza di flessibilità del sistema pensionistico è l’Ape volontario. La misura però è ancora ferma al palo, alla forma di bozza che deve essere ancora completata dal Consiglio dei Ministri per poi iniziare lo stesso iter delle altre due misure. Ma come si farà a rispettare tempi e termini, molti dei quali sono già scaduti?
Il farraginoso iter burocratico
Ape sociale e quota 41 sono destinate a disagiati come lavoro, come reddito, come salute o come famiglia. Nonostante siano inserite in un pacchetto di norme previdenziali, non è errato considerarle misure assistenziali, dei nuovi ammortizzatori sociali per chi è prossimo alla pensione.
Disoccupati, invalidi, caregivers o lavoratori alle prese con attività troppo faticose sono soggetti bisognosi di aiuto. Per gli altri lavoratori, anche se hanno raggiunto i 63 anni di età, non è possibile sfruttare la novità dell’Ape volontario perché ancora bloccato. La misura deve ancora essere licenziata con il decreto attuativo dal CDM, per poi iniziare il giro del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.
Poi sarà la volta della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Dopo tutto questo, l’Inps potrà pubblicare la circolare illustrativa che darà il via alle domande, come successo con le due misure già lanciate. Un articolo del quotidiano economico e finanziario “Il Sole 24 Ore” è eloquente nello spiegare i problemi che questo ritardo nell’emanazione del decreto, porterà ai lavoratori che intendono fruire della novità previdenziale.
Tempi ormai impossibili da rispettare
L’Ape volontaria resta la pensione anticipata a 63 anni con 20 di contributi sotto forma di prestito pensionistico. La misura fa entrare per la prima volta nel sistema un soggetto terzo tra Inps e pensionati, cioè una banca. Sarà quest’ultima infatti a finanziare le pensioni che l’Inps provvederà ad erogare ai pensionati sotto forma di Ape. Saranno poi i pensionati, quando arriveranno a 66 anni e 7 mesi a restituire, mensilmente ed in quota, il prestito ottenuto. L’Inps in quel caso fungerà da garante per il pensionato e tratterrà la rata di prestito dalla pensione del soggetto interessato, per riversarla alla banca. Una vera e propria operazione finanziaria che consentirà con un redito ponte, ai lavoratori, di lasciare in anticipo il lavoro ed attendere di arrivare all’età pensionabile oggi prevista.
La data di avvio della misura è anche questa volta il 1° maggio, ma ipotizzare anche per l’Ape volontario, una data di scadenza delle istanze il prossimo 15 luglio è impossibile. Per i lavoratori un danno grave, perché costretti a restare al lavoro nonostante abbiano già i requisiti e la volontà di accedere all’Ape. Per il comparto scuola invece, il danno sarà ancora maggiore. Per questi lavoratori, che già rischiano di essere tagliati fuori da quota 41 ed Ape sociale, difficilmente riusciranno nel 2017 a lasciare il lavoro con l’Ape volontario. Infatti, i tempi tecnici di risposta dell’Inps, alle istanze certificative dell’Ape sociale o di quota 41, sono previsti per ottobre. Nella scuola, dove l’anno lavorativo parte il 1° settembre, con l’avvio del nuovo anno scolastico, ottobre è troppo tardi. Figuriamoci allora come faranno a sfruttare l’Ape volontario che ancora deve partire e con la pausa estiva alle porte che sicuramente non aiuta.