In Italia si suol dire che niente è più duraturo delle misure temporanee. In quest'ottica si può leggere la recente dichiarazione del ministro del Lavoro, Giuliano poletti, sulla volontà del governo di rendere strutturali i bonus riservati alle aziende che assumono giovani.

A questo proposito, a nome delle rappresentanze sindacali, il segretario della Uil Carmelo Barbagallo ha richiesto l'introduzione di misure "anti-licenziamento" (allo stato alcuni provvedimenti in tal senso sono in discussione) per evitare che, esauriti gli effetti delle agevolazioni temporanee le imprese tornino a licenziare.

Proviamo ad analizzare queste affermazioni per consentire ai lettori di essere "Liberi Di Scegliere" il proprio punto di vista.

Perché misure temporanee dovrebbero avere effetti permanenti?

Questa semplice osservazione consente di cogliere il nocciolo della questione: nessuna impresa avrà un incentivo concreto ad assumere stabilmente nuovi lavoratori in virtù di una agevolazione temporanea. Non disponendo di risorse sufficienti per rendere gli sgravi permanenti, la strategia del governo è dunque quella di proporre misure temporanee, lasciando tuttavia intendere che in qualche misura detti provvedimenti verranno rinnovati nel tempo.

È una strategia che funziona? Osservando la storia recente la risposta è negativa, poichè tutte le politiche basate su incentivi temporanei hanno di fatto ottenuto solo effetti di breve termine (ad es anticipo un'assunzione che avevo già in programma per beneficiare dello sgravio) senza incidere sulle scelte di medio termine.

Serve a qualcosa il divieto di licenziamento?

La soluzione dei sindacati, basata sull'idea che si possa programmare per legge il livello di occupazione (ossia obbligare le aziende ad assumere anche contro i propri interessi), difficilmente potrà servire a rendere stabili le assunzioni. Cosa farà un'impresa che sa in anticipo che quando gli incentivi termineranno, se le circostanze dovessero richiederlo non potrà licenziare i lavoratori assunti beneficiando degli sgravi?

La risposta più logica è che prenderà le sue decisioni di medio senza tenere conto degli incentivi e ne approfitterà solo se coincidono con una politica di assunzioni già decisa.

Con buona pace del marketing politico e delle "buone intenzioni" dei sindacalisti, solo una modifica strutturale delle condizioni di convenienza per i datori di lavoro può sperare di ottenere dei risultati che durino nel tempo.