Indipendenti, coraggiosi, pronti a tutto e colmi di sogni e passioni, sono questi i liberi professionisti di oggi, i freelance italiani che nonostante la visibilie crisi e situazione economica deplorevole si gettano nel fuoco cercando di ottenere un briciolo di gratificazione. Hanno compiuto una scelta di vita basata sul proprio essere, sulla volontà e l’ambizione di voler creare qualcosa nonostante le difficoltà e di cambiare, mutare un momento storico per niente facile.
Spesso sono incompresi, sottovalutati, visti come coloro che hanno deciso di mettersi in proprio perché privi di disciplina.
La concezione comune è sempre quella: chi apre la Partita Iva ha l'unico scopo di fare quello che vuole, quando vuole e come. È vero, al mattino non c’è una sveglia predefinita, si può gestire il tempo come si vuole, ma una cosa è certa: lo stipendio mensile fisso non esiste e ogni giorno deve essere vissuto intensamente, dando il massimo e cercando, solo con le proprie forze e competenze di arrivare a un risultato concreto.
Ma come è la situazione in Italia? Essere un libero professionista è davvero così facile? Inoltre, chi decide di aprire la partita iva è spinto dalla passione e l’ambizione o dalla rassegnazione?
Partite iva Italiane: come siamo posizionati all’interno dell’Ue?
I dati Eurostat sono molto chiari.
Mettono in evidenza la criticità del Bel Paese a riferimento del mondo della libera professione. La diminuzione significativa di lavoratori indipendenti viene messa in risalto, affermando che circa 336.000 di essi hanno abbandonato tale strada dal 2007 ad oggi.
Queste informazioni sono sconcertanti e rappresentano a pieno tutto ciò nche riguarda l’ambito lavorativo ed economico dell’Italia che, fino a qualche anno fa, era posizionata al primo posto come luogo con il maggior numero di professionisti indipendenti.
Putroppo non si tratta solo della quantità dei soggetti in questione, ma anche della qualità lavorativa.
La cultura e il livello di istruzione di molti di coloro facenti parte del mondo imprenditoriale è in decadenza: sempre Eurostat mette in evidenza come il 23% dei possessori di partita iva sia munito di qualifica di terza media, in contrapposizione con il 13% di laureati o diplomati.
Una situazione che ha dell’incredibile e che vede la nostra nazione e come una distesa di precarietà e desolazione. Da ciò riemerge la domanda effettuata all’inizio, ossia quale possa essere la motivazione reale trainante la scelta di aprire la partita iva: se per convinzione o per obbligo.
Ma di chi è la colpa?
Il sistema economico, quello scolastico, la poca produttività, sono solo tre delle cose che incidono sulla decadenza del numero di lavoratori autonomi. Laddove esistono difficoltà contrattuali anche per le condizioni da lavoro dipendente e problematiche relative alle pensioni, non poteva di certo mancare una circostanza compromettente per i cosiddetti freelance.
Da una parte è presente l’obbligo di aprire la partita iva scaturito dalle poche possibilità di certezza di poter realizzare una propria esperienza in luoghi sicuri o costanti; dall’altra vi è una realtà formata da coloro che credono in ciò che fanno, spinti dall’ambizione di crearsi un futuro con le proprie forze, indipendenza e libertà.
È proprio questo a cui siamo arrivati: vivere in un luogo che non da speranze e che impoverisce chi prova a mettersi in gioco? Aprire la partita iva, dunque, rappresenta un atto di disperazione o eroico?