Dopo i comparti delle Funzioni Centrali e delle Forze Armate e di Sicurezza anche la Scuola ha un nuovo contratto. Termina anche in questa macro area della Pubblica Amministrazione un blocco contrattuale di quasi un decennio. Questa mattina dopo mesi di trattativa è arrivata la fumata bianca, con il contratto sottoscritto da Governo e sindacati. Come per le Forze di Sicurezza anche nella Scuola la firma non è stata unanime, con CGIL, CISL e UIL che hanno avallato la proposta e con Snals e Gilda che non hanno invece firmato il rinnovo. I dipendenti del comparto, in tutto circa 1,2 milioni di lavoratori presto troveranno buste paga più pesanti ed arretrati.

Il nuovo contratto come per tutti gli altri della Pubblica Amministrazione ha validità triennale, con decorrenza 1° gennaio 2016 e scadenza 31 dicembre 2018. Proprio il periodo intercorrente tra l’inizio del 2016 e la data di arrivo degli aumenti darà diritto alla corresponsione di arretrati per i soggetti interessati. Vediamo nel dettaglio cosa è uscito dall’intesa raggiunta.

Il Miur e la Consulta

Finisce la vicenda nata dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul blocco Fornero. Tutto parte proprio da lì, con la Consulta che bocciò il blocco della perequazione per gli stipendi della Pubblica Amministrazione che il Governo Monti inserì nel decreto “Salva Italia”. La pronuncia dei giudici costituzionalisti emessa nell’estate 2015 ha costretto il Governo ad apparecchiare la piattaforma di rinnovo in tutti i comparti che nel frattempo sono stati ridotti da 11 a 4.

I tweet di questa mattina sia del Ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia che del profilo ufficiale del Ministero dell’Istruzione hanno confermato la notizia del rinnovo firmato. La soddisfazione del Ministro che ha parlato di atto dovuto e doveroso si scontra con l’evidente spaccatura dei sindacati, con un contratto che non ha visto l’avallo di alcune importanti sigle sindacali come dicevamo in premessa.

Le cifre

Nella Scuola le difficoltà nelle trattative sono state maggiori rispetto al Comparto delle Funzioni Centrali o a quello delle Forze dell’Ordine. La Scuola rappresenta uno dei comparti con il maggior numero di addetti e soprattutto, in questa area ci sono i dipendenti statali con stipendi di fascia retributiva più bassa.

Tutte difficoltà che hanno portato al protrarsi della trattativa che probabilmente non vedrà le erogazioni di arretrati ed aumenti arrivare a marzo come potrebbe succedere nei comparti dove tutto si è risolto prima. I sindacati che hanno firmato hanno ribadito come il rinnovo segua alla lettera quanto stabilito nella prima bozza di intesa di fine 2016, con gli ormai famosi 80 euro lordi e medi, di aumento a lavoratore. Le cifre dell’accordo infatti prevedono aumenti salariali lordi tra 80,40 euro e 110,70, in base alle fasce retributive e confermano la salvaguardia del bonus Renzi di 80 euro per quelle più basse.

I primi pareri

I sindacati nel confermare il rinnovo hanno spiegato come dal punto di vista normativo nulla è cambiato e peggiorato per i dipendenti, anzi ci sono novità molto importanti e vantaggiose per i lavoratori.

Nessun cambio di orario di lavoro ma aumentano le tutele per i dipendenti soprattutto per l’accesso ai permessi retribuiti per motivi familiari o per il bonus merito che per mesi è stato oggetto di scontri in sede di discussione. Il bonus non sarà appannaggio esclusivo dei dirigenti, ma il suo 60% finirà direttamente agli insegnanti, lasciando il restante alla contrattazione collettiva. Questo perché aumenta il diritto alla contrattazione riservato ai rappresentanti sindacali. Diventano 80 ore totali quelle stabilite per le riunioni pomeridiane dei docenti. Per gli aumenti si ipotizza il mese di aprile come quello buono per le prime erogazioni, comprensive di arretrati. Incremento lordo di 84,5 euro in media per collaboratori scolastici ed Ata, 82 euro per l’Università, 125 euro per i ricercatori e 92 euro per l’area amministrativa della ricerca.

Cifre che ricordiamo sono lorde e che secondo le stime comuni a tutta la Pubblica Amministrazione andrebbero ridotte di almeno il 50%. Per i periodi pregressi e quindi per 2016, 2017 e parte del 2018 gli arretrati spettanti dovrebbero assestarsi intorno alle 600 euro lorde e medie a lavoratore.