Un'interessante analisi dell’Osservatorio dell’Inps mette in luce il fatto che la stragrande maggioranza delle Pensioni erogate dall’Istituto è di importo basso. Per le donne la situazione è ancora peggiore che per gli uomini. Nello studio dell’Osservatorio inoltre emerge un dato importante relativo ai pensionamenti del 2017 che mostrano un dato in controtendenza con quanto si sente dire quotidianamente, cioè che le pensioni si allontanano nel tempo e che gli italiani sono costretti a restare al lavoro fino a tarda età. Una serie di problematiche infinite quelle che presenta la previdenza italiana e che non riguardano solo l’argomento dei requisiti che è al centro del dibattito politico per la creazione del nuovo Governo.

Anche gli importi delle pensioni sono un problema sia perché troppo bassi per molti pensionati e sia perché la molti degli assegni previdenziali dell’Inps risultano sbagliati.

I dati dell’Osservatorio

Secondo lo studio, la metà delle pensioni erogate nel 2017 sono di natura assistenziale e non previdenziale. Come riporta l’edizione digitale di oggi 29 marzo del quotidiano “La Repubblica”, dei quasi 18 milioni di assegni previdenziali erogati dall’Inps, oltre 3,9 milioni sono di carattere assistenziale. Situazione questa che è stata agevolata dalle novità previdenziali di Ape sociale e Quota 41, prestazioni che sono sicuramente più vicine a poter essere considerate assistenziali che previdenziali.

Disoccupati, caregivers, invalidi e lavoratori alle prese con tipologie di attività e mansioni logoranti vanno considerati sicuramente soggetti bisognosi di un aiuto di stato ed Ape e Quota 41 in effetti più che pensioni nel senso stretto della parola, sembrano redditi ponte per accompagnare questi disagiati alla loro vera pensione.

Per quanto riguarda gli importi, oltre il 70% delle prestazioni erogate dall’Inps è sotto 1.000 euro e per le donne questa percentuale è prossima all’87%. Resta il fatto che secondo i dati resi pubblici dall’Istituto, l’età media di uscita dal lavoro per le pensioni nel 2017 è stata di 63,5 anni, cioè abbastanza prima dei 66 anni e 7 mesi di età pensionabile oggi vigente per le normali pensioni di vecchiaia.

Questo anche perché nel 2017 sono salite del 25% le pensioni centrate dai lavoratori con 42 anni e 10 mesi di contribuiti (41 e 10 per le donne), cioè le pensioni anticipate.

La campagna Inca

Pensioni minimi vicine e addirittura sotto la soglia di povertà sono un triste realtà. Il calcolo contributivo della pensione non aiuta certo i pensionati in quanto ad importi del loro assegno previdenziale. Se pochi contributi si raccolgono, bassa sarà la pensione percepita. Questo è un dato oggettivo che assume una importanza ancora maggiore se si considera che da anni ormai, trovare un lavoro stabile, tra disoccupazione crescente, aziende che chiudono, lavoro precario e lavoro nero, appare un autentico miraggio.

L’ordinamento su cui si basa l’Inps prevede una serie di prestazioni che potrebbero venire in aiuto a questi soggetti che si trovano ad avere pensioni molto basse. Maggiorazioni sociali, trattamento minimo, quattordicesima, assegni familiari e integrazioni al minimo sono prestazioni aggiuntive di pensione che però devono essere richieste all’Inps. L’Istituto non eroga direttamente queste prestazioni ma deve essere il pensionato, fornendo annualmente i dati relativi ai suoi redditi, a quelli della famiglia ed alla composizione del suo nucleo familiare, a farseli aggiungere alla pensione. Secondo una ormai famosa campagna di sensibilizzazione dell’Inca, patronato della Cgil, una pensione su 4 tra quelle controllate è sbagliata e presenta importi a svantaggio del pensionato.

Su una pensione sotto i mille euro, le prestazioni aggiuntive di cui trattavamo prima possono valere il 50% dell’intero assegno. L’Inca lo scorso 24 marzo ha aperto in numerose piazze d’Italia dei banchetti informativi che oltre a parlare dell’importanza dei patronati per i cittadini e dei tagli che lo Stato impone annualmente a questi organismi, parlava proprio di pensioni sbagliate. Dalla Toscana alla Puglia, l’Inca ha fatto recuperare molti euro ai pensionati che si sono fatti controllare la pensione nelle sedi territoriali del patronato. Oltre che l’aumento degli assegni post controllo, ai pensionati toccherebbero arretrati fino a 5 anni indietro e per soggetti che non hanno mai richiesto per esempio gli assegni per il coniuge a carico, le cifre da recuperare potrebbero essere ingenti.