Il nuovo Esecutivo dopo le elezioni dello scorso 4 marzo non è ancora stato costituito e questa sicuramente non è una novità. I partiti e le coalizioni che hanno vinto le elezioni, cioè Movimento 5 Stelle e Centrodestra, con la Lega in testa, non hanno i numeri per costituire un Governo che abbia la maggioranza alla Camere. Una situazione ingessata figlia della Legge Elettorale senza premi di maggioranza che mette in difficoltà le forze politiche chiamate a trovare una sintesi. Lega e M5S insieme però avrebbero i tanto agognati numeri per Governare e nelle ultime ore sembra che ci sia più di una possibilità che questa “strana” coppia porti a compimento l’impresa di dare all’Italia un Governo senza ritornare di nuovo alle urne.

Un primo appuntamento molto importante, forse ancora di più dell’elezione dei presidenti di Camera e Senato è la nota di aggiornamento del Def, il Documento di Economia e Finanze secondo atto più importante di un Governo dal punto di vista economico dopo la manovra finanziaria. La previdenza sociale italiana è in attesa di novità soprattutto perché le forze politiche che hanno vinto la tornata elettorale sono tra quelle che miravano a riformare di nuovo il sistema ed il Def in questo senso farà chiarezza.

Il documento

Il Def è il documento di programmazione con il quale il Governo, qualunque esso sia, iscriverà le politiche economiche e finanziarie da adottare nei prossimi mesi. Dalla UE visto l’esito del voto sembra che sia stato concesso all’Italia di approntare questo Def con più tempo, ma entro aprile il tutto dovrebbe essere messo nero su bianco.

Nel documento ci saranno sicuramente richiami ai tanti problemi previdenziali oggi presenti nel sistema e si capirà meglio se l’indirizzo sia quello della contro-riforma. Il problema è sempre lo stesso, i soldi disponibili e le coperture ed ecco perché nel documento si farà chiarezza su questo aspetto. La cancellazione della Fornero oggi sembra più di una ipotesi campata in aria perché se si escludono ripensamenti e passi indietro del PD ed un appoggio ad un qualsiasi esecutivo del Partito Democratico, la soluzione più plausibile per il Governo sarebbe il duo Salvini-Di Maio.

Ed in questo caso un ragionamento sulla cancellazione della riforma potrebbe essere probabile. Questo in barba agli scettici ed ai critici che parlano di impossibilità a cancellare la riforma del Governo Monti perché costerebbe 70 miliardi di euro.

Gli scenari futuri

Ma come verrebbe riformato l’attuale sistema? I punti del programma di entrambi gli schieramenti e della campagna elettorale verteva sul ritorno ad un meccanismo delle quote.

Nello specifico si parlava di Quota 41 e quota 100. È da questo che probabilmente si partirà, iniziando da una soluzione radicale, stabile ed estesa per i precoci. Quota 41 infatti sarebbe la misura che consentirebbe a quanti hanno iniziato a lavorare presto (prima della maggiore età o giù di lì) di accedere alla pensione senza limiti di età ma con 41 anni di contributi versati. Una misura già in vigore, con lo stesso nome e rivolta ai precoci esiste già, ma appare come misura assistenziale e non previdenziale. Infatti quota 41 è nata nella Stabilità post referendum costituzionale, quando le dimissioni di Renzi e il passaggio di consegne a Gentiloni non consentì di sistemare la misura che oggi è appannaggio di un misero numero di italiani.

Infatti quota 41 si centra solo se dei 41 anni di contributi, uno sia stato versato prima dei 19 anni di età. A questo si deve aggiungere che la misura si centra se si rientra in una delle 15 categorie di lavoro gravoso previste dalla stessa Legge di Stabilità ed aggiornate con quella di quest’anno. In alternativa bisogna essere disoccupati senza Naspi da 3 mesi, invalidi o caregivers. La misura di cui trattavano i programmi elettorali invece era estesa a tutti i precoci, senza distinzione di tipologie di lavoro o disagi vari. Altra misura che potrebbe garantire quella flessibilità di cui il sistema avrebbe necessario bisogno è quota 100. La pensione data dalla somma algebrica di età e contributi versati che consentirebbe di andare in quiescenza per esempio, con 60 anni di età e 40 di contributi piuttosto che 61 anni e 39 di contributi. Adesso si attendono le cifre a disposizione del prossimo Esecutivo che potranno confluire in questa riforma e proprio il Def dovrebbe chiarire tutto.