In tema di onorari di avvocato, la giurisprudenza prevalente è pacifica nel ritenere che le tariffe sono liberamente determinabili anche al di sotto al minimo tariffario. La Corte di Cassazione sul punto con la recente sentenza n 8539 del 6 aprile 2018 ha precisato che la prestazione dell’opera dell’avvocato può essere in tutto o in parte gratuita per convenienza sociale o altri motivi e la rinuncia al compenso può essere anche anteriore alla prestazione stessa.

Tali precisazioni trovano il proprio fondamento nel fatto che il principio dell’inderogabilità dei minimi tariffari, stabilito dall’art.

24, L. n. 794/1942, sugli onorari di avvocato, non trova applicazione nel caso di rinuncia, totale o parziale, alle competenze professionali, allorché quest’ultima non risulti posta in essere strumentalmente per violare la norma imperativa sui minimi di tariffa.

Ecco il caso da cui trae spunto la sentenza

Il caso da cui trae spunto la sentenza riguarda appunto un avvocato che propose ricorso davanti al Tribunale di Napoli contro la s.p.a. Gest Line, per vederla condannare al pagamento dell'importo differenziale di 81mila euro, a titolo di compenso per aver recuperato dei crediti esattoriali.

Il Tribunale di Napoli accolse la domanda in parte, cosi sia l’avvocato che la società quindi decidono di fare appello alla Corte di Napoli.

I giudici di II^ grado sull'appello principale formulato dall’avvocato, hanno affermato la validità della rinuncia dell'avvocato al compenso, anche in deroga dei minimi tariffari. I giudici della Corte d’appello hanno infatti precisato che il legale si era limitato ad emettere fatture a saldo per l'opera svolta, che significava un unilaterale atto di rinuncia incompatibile con l'intenzione di avvalersi del diritto ai minimi tariffari inderogabili.

Avverso tale sentenza l’avvocato ha proposto ricorso per cassazione.

Le motivazioni della cassazione sui minimi tariffari: deroga ammessa per amicizia, parentela o convivenza

La Corte di Cassazione con la sentenza sopracitata accoglie il suo ricorso sottolineando come non rileva l'abrogazione delle tariffe delle professioni.

Dunque nel caso di specie la Corte d'Appello di Napoli ha errato nel momento in cui ha inteso l'emissione di fatture da parte dell'avvocato per importi inferiori ai minimi tariffari come lecita rinuncia successiva ad essi, senza peraltro accertare le ragioni poste alla base di tale sistematica rinuncia.

Secondo i giudici di legittimità la prestazione d’opera del difensore può sicuramente essere anche gratuita per varie ragioni, anche di amicizia, ma non è però questo il caso. Il professionista che decide di lavorare gratuitamente può non emettere fattura per via dei compensi di modesta entità. Gli Ermellini infine hanno cassato con rinvio alla Corte d’appello che deve rideterminarsi sulle competenze del legale.