Si fa un gran parlare in queste ultime settimane di Pensioni, requisiti, età anagrafica e contributi versati. Le pensioni per gli italiani sembrano allontanarsi sempre di più, con l’Inps che ha confermato che dal 2019 sarà necessario avere 5 mesi in più di età per la pensione di vecchiaia e 5 mesi in più di contribuzione versata per le pensioni di anzianità o anticipate come si chiamano oggi. I contributi previdenziali sono pagamenti obbligatori che un lavoratore deve effettuare durante la vita lavorativa e che permettono di accumulare soldi per la futura prestazione pensionistica a lui destinata.

Sulla materia però spesso si fa confusione, tra contributi figurativi, effettivi ecc sul loro valore che è regolamentato per legge. Un servizio andato in onda ieri 17 aprile su La7, durante la trasmissione di Giovanni Floris “Di Martedì” mette in luce il fatto che esistono parametri reddituali precisi che consentono di rendere validi ai fini della pensione, i contributi che si versano mentre si lavora. Ecco tutto quello che c’è da sapere nel momento in cui un lavoratore decide di fare i conti dei contributi a suo nome versati.

I requisiti per le pensioni

Quota 41, la pensione di vecchiaia, quella anticipata, opzione donna e così via, sono alcune delle prestazioni previdenziali oggi vigenti. Esistono misure che per essere percepite, prevedono il raggiungimento di una determinata età anagrafica collegata ad una determinata soglia di anzianità di lavoro e quindi di contributi previdenziali.

Parliamo per esempio, delle pensioni di vecchiaia che si centrano con 66 anni e 7 mesi di età fino a fine 2018, per poi salire a 67 anni. A questa età bisogna aver raggiunto anche i 20 anni di contribuzione. Lo stesso vale per opzione donna con 57 anni e 7 mesi di età e 35 di contributi, oppure per l’Ape volontaria con 63 anni di età e 20 di contribuzione.

Sempre a 63 anni servono 30 anni di contributi per l’Ape sociale se nel frattempo si è anche caregivers, invalidi o disoccupati, mentre ne servono 36 se si è alle prese con un lavoro gravoso. La pensione per usuranti invece si ottiene con 61 anni e 7 mesi di età ma con 35 di versamenti contributivi. La pensione anticipata o quota 41 per i precoci invece prevedono solo il raggiungimento di una determinata soglia di contributi versati, senza tener conto dell’età del lavoratore.

Per i precoci disoccupati, caregivers, invalidi o lavoratori con mansioni logoranti, servono 41 anni di contributi versati. Per la quiescenza anticipata invece, servono per gli uomini 42 anni e 10 mesi di contribuzione, mentre per le donne 41 anni e 10 mesi. Come si vede i contributi da racimolare sono molto importanti per qualsiasi pensione si cerchi di centrare.

Quando un anno di lavoro non significa un anno di contributi

Come dicevamo, la novità arriva da un servizio televisivo che ha messo in luce un fattore che pochi considerano quando si mettono a calcolare gli anni di contributi che sono presenti sull’estratto conto. Nel servizio si parla di una signora che da 20 anni presta servizio presso uno studio professionale come part time.

Una tipologia di lavoro dovuta alla nascita dei figli che hanno costretto la signora a ridurre le ore di lavoro. I 20 anni di lavoro che sono effettivamente accreditati sull’estratto conto della lavoratrice però, non valgono tutti per la pensione. Nel servizio infatti viene spiegato che per essere valido anche ai fini previdenziali, un anno di lavoro deve essere retribuito in un certo modo. Necessario quindi raggiungere una determinata soglia di reddito affinché 52 settimane di lavoro all’anno valgano effettivamente come 52 settimane di contribuzione valida ai fini della pensione. Nello specifico una lavoratrice part time per vedersi accreditare un anno intero di contribuzione deve raggiungere i 10.400 euro annui di stipendio.

Anche per i collaboratori vale lo stesso ragionamento, solo che sono necessari stipendi annui da 15.710 euro. Nel soggetto del servizio di La7, nel 2016 nonostante sull’estratto conto compaiano le 52 settimane di lavoro e cioè l’anno intero, essendo la sua retribuzione pari a circa 5.700 euro per lo stesso anno, i contributi utili alla sua pensione saranno solo 28 settimane. Sempre in materia di contributi occorre ricordare che anche i figurativi sono utili al raggiungimento delle soglie di accesso delle prestazioni pensionistiche. Si tratta dei versamenti che lo Stato accredita al lavoratore per i periodi in cui non può svolgere la normale attività lavorativa, come per malattia, maternità, disoccupazione e così via. In questi casi i contributi versati valgono per raggiungere i requisiti di accesso ma non come calcolo dell’assegno pensionistico da corrispondere.