Con il nuovo Esecutivo che ormai ha piene funzioni, ci si comincia a chiedere quando i provvedimenti e le misure promesse e messe nero su bianco nel contratto del cambiamento diventeranno realtà. Gli italiani sono in attesa del cambiamento, cioè delle misure che riguardano argomenti molto a cuore ai più, a partire dalle Pensioni e dal superamento della famigerata Riforma Fornero. Il termometro del sentore comune mette ai primi posti proprio la questione previdenziale, con le attuali norme che non rendono facile centrare le pensioni e che da 2019 le allontaneranno ancora di più per via del meccanismo dell’aspettativa di vita.

Il pacchetto pensioni inserito nel Governo è priorità anche per i due leader delle due forze politiche a cui è stato dato il Governo e probabilmente sarà la Legge di Bilancio di fine anno il contenitore dove iniziare a mettere in atto i primi provvedimenti.

Cosa ha in cantiere il Governo per le pensioni

L’operazione riformatrice del sistema previdenziale del Governo Conte si basa su tre misure. Quota 100, quota 41 e opzione donna sono le tre vie con le quali l’Esecutivo mira a superare la Legge Fornero. Quota 100 significa andare in pensione quando la somma di età e contributi versati darà 100. Quota 41 sarebbe la nuova versione di pensione di anzianità o anticipata che dir si voglia, una misura distaccata da qualsiasi limite anagrafico e che consente l’accesso alle pensioni quando si racimolano 41 anni di contribuzione previdenziale versata.

Opzione donna invece è una vecchia misura già conosciuta ed oggi scaduta e che il Governo vorrebbe riattivare. Essa consente alle lavoratrici di lasciare il lavoro quando si raggiungono i 35 anni di contributi versati e una età tra i 57 ed i 58 anni. La pensione però viene calcolata con il sistema contributivo, già di per sé penalizzante che in aggiunta agli anni di lavoro in meno richiesti (meno contributi versati), significa per queste lavoratrici, accettare una pensione tagliata anche del 35% rispetto a quella spettante senza opzione.

Necessari 5 miliardi o addirittura 15

Negli anni passati, il problema maggiore per ogni Governo che ha cercato di correggere il sistema previdenziale sono state sempre le coperture finanziarie. È evidente che qualsiasi misura rivolta a mandare le persone prima in pensione, significa aumentare la spesa pubblica. I conti dello Stato non autorizzano miracoli e voli pindarici e la situazione è la medesima anche per il nuovo Esecutivo.

Secondo Lega e Movimento 5 Stelle e secondo il Professor Brambilla a cui si deve dare il merito di aver costruito il pacchetto di misure previdenziali inserito nel contratto di Governo, sono necessari 5 miliardi di euro per le tre misure previste. Secondo i conti degli scettici e soprattutto dell’Inps, ne servirebbero almeno 15. Siamo alle solite, con misure che nascono tra i migliori auspici e che si scontrano subito col problema coperture.

Ed è così che alle misure iniziano ad essere imposti paletti e restrizioni nel segno del risparmio e si pensa a tagliare da altre parti per consentire di racimolare i soldi utili alle novità. Per quota 100 per esempio, si fissa l’età pensionabile a 64 anni e pertanto, la misura non sarà fruibile da chi si trova con 63 anni di età o prima, nonostante i contributi versati sommati all’età diano 100.

Resterebbero valide solo 3 combinazioni che offrirebbero la pensione prima di compiere i 67 anni che consentirebbero la pensione di vecchiaia già vigente a prescindere dalle novità. Si andrebbe in pensione con 64 anni di età in aggiunta a 36 di lavoro, o in alternativa, 65 anni compiuti e 35 di lavoro o al massimo 66 anni e 34 di lavoro. Per quota 41 invece si valuterebbe di ridurre a soli due anni di contributi figurativi (maternità, militare, riscatto, malattia ecc..) quella utilizzabile per raggiungere i 41 anni di lavoro coperti da contribuzione necessari.

Per opzione donna, che come dicevamo è già penalizzante per chi rientrerebbe nella misura, prende corpo l’idea di aumentare a 36 o 37 anni di contributi versati il limite originario per la misura che era fisso a 35 anni.

A questi vincoli si aggiungerebbe l’abrogazione dell’Ape Sociale, dal 1° gennaio 2019 o addirittura prima, come riporta un articolo del quotidiano “Il Sole 24 Ore”. Verrebbe smontata la misura principale dell’ultimo Governo PD e con essa tutto l’apparato dei lavori gravosi e delle loro 15 categorie, il tutto da spendere sull’altare dei 600 milioni che si andrebbero a risparmiare chiudendo la misura.