Quota 100 e quota 41 per ora sono misure in via di studio e di valutazione. Infatti nulla ancora è stato fatto e ciò che si sa delle due grandi novità che potrebbero entrare nel sistema previdenziale, è solo frutto delle indiscrezioni e delle voci che le accompagnano. Intanto iniziano ad uscire analisi circa il funzionamento delle misure, di quanto costerebbero e come inciderebbero sul mondo previdenziale se davvero fossero emanate. Anche l’Inps ne ha approntata una e resa pubblica sul suo portale ufficiale. Ecco il contenuto dei conti dell’Istituto di Previdenza Sociale e cosa succederebbe al sistema con le misure attive.
Le due misure in cantiere
Sul funzionamento delle due misure, compresi i paletti e le restrizioni, se le indiscrezioni venissero confermate, si sa tutto o quasi. Quota 100 significa pensione per coloro che sommando la loro età ed i loro contributi versati, raggiungono la cifra tonda di 100. L’età minima però dovrebbe essere a partire dai 64 anni e la contribuzione figurativa utilizzabile per la quota dovrebbe essere ridotta a due soli anni (ad esclusione di maternità e servizio militare sempre validi). Stesso limite di contribuzione figurativa per quota 41, che sarebbe la nuova pensione anticipata. Si andrebbe in pensione quando si raggiungono i 41 anni di contributi senza limiti di età. La quota 100 è la misura che potrebbe davvero partire subito nel 2019, venendo inserita nel pacchetto previdenziale della prossima manovra di Bilancio.
L’analisi e i numeri dell’Inps
Ma cosa accadrebbe se già da gennaio entrasse in vigore la cosiddetta quota 100? A questa domanda ha voluto rispondere l’Inps con l’analisi prodotta nell'Allegato tecnico alla relazione del presidente Tito Boeri. Il Presidente infatti ha presentato ad inizio luglio in Parlamento la relazione con tutti i costi minimi e massimi delle novità previdenziali, compresa quota 100.
Da ieri questa analisi è resa disponibile a tutti perché pubblicata sul portale dell’Istituto.
I dati dell’Inps naturalmente sono ipotetici come ipotetiche sono ancora le due misure. L’Istituto ha simulato diverse ipotesi in un arco temporale di 10 anni e i costi sarebbero compresi tra i 4 ed i 14 miliardi di euro all’anno, con quasi 1,2 milioni di pensionati in più per anno.
A primo impatto, numeri insostenibili per il sistema in termini di spesa pubblica.
Quota 41 e quota 100 a 64 anni
Come dicevamo, l’Istituto ha prodotto delle tabelle con tutti gli scenari anno per anno da 2019 (anno ipotizzato per il via di quota 100) ed ilo 2028. La prima simulazione è quella che riporta le due misure con le modalità più diffuse in queste settimane, cioè con il limite dei figurativi e con l’età minima a 64 anni per quota 100. Nel 2019 il costo delle novità sarebbe di 11,6 miliardi di euro con quasi 600mila nuovi pensionati che sfrutterebbero gli anticipi previsti dalle misure. Con le misure nate con questa formula, nel 2028 il conto per la spesa previdenziale salirebbe oltre i 18 miliardi con oltre un milione di pensionati che fruirebbero delle misure.
Le altre ipotesi
La seconda simulazione dell’istituto parte da una quota 100 dai 65 anni con il costo che scenderebbe a poco più di 10 miliardi subito e a 16 miliardi e mezzo nel 2028. Analizzata anche l’ipotesi di misure senza particolari vincoli, cioè una quota 100 senza limiti anagrafici e quota 41 come nuova pensione di anzianità. I costi in questa ipotesi salirebbero oltre i 14 miliardi per l’anno di esordio delle misure e sopra i 21 miliardi nel 2028. Gli assegni pensionistici sarebbero 750mila in più già l’anno venturo e oltre un milione nel 2028. Il ricalcolo contributivo degli assegni cosa prevista in tutte le ipotesi previste però consentirebbe nel lungo periodo di risparmiare in termini di spesa pubblica.
L’Inps in questo senso è stato abbastanza chiaro perché si prevede che dal 2030 gli oneri iniziano a ridursi trasformandosi in utili a partire dal 2040. Questo perché con le misure a regime, cioè strutturali, gli effetti di queste novità in maniera progressiva si annullano.