Le novità previdenziali che sono in cantiere e su cui si sta impegnando il nuovo esecutivo sono ancora semplici ipotesi, nulla di deciso perché si tratta di provvedimenti che devono ancora essere predisposti e sistemati. Nell’aria si avvertono, a fasi alterne, ottimismo e sfiducia per le tante indiscrezioni e voci che accompagnano questa riforma delle Pensioni che ha in mente l’Esecutivo Conte. Quota 100 subito e quota 41 forse nel 2020 è il punto della situazione adesso. Ciò non vuol dire però che tutto sia gà fatto, nemmeno per quota 100 che è la misura che Salvini spinge per essere immediatamente attuata.

Bisogna trovare i soldi per finanziare le misure e la coperta, come spesso accade per misure elaborate del nostro governo, appare sempre corta. Pochi soldi che spingono a studiare soluzioni e correttivi che consentano comunque l’avvio delle misure, come ad esempio quella di un bonus di circa un terzo dello stipendio in più a quei lavoratori che, pur avendo maturato i requisiti per l'eventuale pensionamento con quota 100, optino per continuare a lavorare.

I numeri forniti dall'Inps sui costi della quota 100

Il presidente dell’Inps Tito Boeri il 4 luglio in audizione alla Camera per la consueta relazione sui conti della previdenza ha spiegato l’impatto della riforma leghista e grillina sui conti pubblici.

Solo per quota 100 servono, secondo l’Inps, 4 miliardi il primo anno ed 8 a regime. Con quota 41 si sale ad 11 miliardi il primo anno e 18 a regime. Troppi soldi secondo l'ente previdenziale, allora la Lega rispolvera il superbonus per incentivare i lavoratori a restare in attività: un provvedimento che al Carroccio conoscono bene, essendo stato varato anni fa da un governo Berlusconi con un ministro del lavoro leghista, Maroni.

Cosa prevederebbe l’incentivo

Si tratta di un bonus da erogare in busta paga a quei lavoratori che, nonostante raggiungano i requisiti per l’accesso alla pensione, restano ancora a lavorare. In questo caso l’incentivo verrebbe erogato a quanti continuassero a lavorare pur avendo centrato quota 100, cioè la pensione con somma di contributi ed età anagrafica.

A coloro che pur avendo 64 anni di età e 36 di contributi (la prima fascia di potenziali aventi diritto), resteranno in servizio, si offrirà il 30% di stipendio in più. Sarebbe l’equivalente dei contributi previdenziali previsti, una cifra che finirebbe in busta paga ogni mese come surplus di stipendio.

Una operazione che secondo la Lega potrebbe tagliare un po’ la spesa pubblica prevista per quota 100. In che modo? Tagliando la platea di potenziali aventi diritto, perché si conta di mandare meno persone in pensione con questo incentivo a restare in servizio.

Continua dunque il taglio di platea dei potenziali beneficiari delle nuove misure, compresa la quota 100. Prima l’età minima è stata prevista a 64 anni, contraddicendo quanto si andava pubblicizzando in campagna elettorale, cioè quota 100 per tutti.

La misura sarà emanata probabilmente solo per persone che hanno i 64 anni compiuti, con buona pace della tanto agognata flessibilità che la quota 100, almeno per i proponenti, avrebbe dovuto garantire al sistema. In un secondo momento si è passati alla limitazione dei contributi figurativi da far rientrare nel calcolo della quota: per maternità e servizio militare, i contributi figurativi dovrebbero essere sempre considerati utili, mentre per disoccupazioni indennizzate, casse integrazioni o malattie, se ne potranno utilizzare solo 2 anni.