Luigi Di Maio, Ministro del Lavoro, e Tito Boeri, presidente dell'Inps, sembrano destinati a convergere su un punto. L'obiettivo di entrambi è abbassare le pensioni d'oro che non siano giustificate da un adeguato numero di anni di contributi. In questa categoria rientrano a pieno titolo i diciottomila sindacalisti che si sono congedati dal servizio. Potrebbero essere loro una parte di quei 100.000 pensionati con assegni sopra i 4.000 euro e che rischiano di essere interessati da un taglio sostanzioso sul proprio assegno. La categoria sfrutta gli effetti di una Legge dello Stato la 564 del 1996, che consente loro di beneficiare della così detta contribuzione aggiuntiva dipendente dall'organizzazione di cui sono stati militanti.

Il tutto si traduce in una pensione che, in alcuni casi, risulta tre volte più alta rispetto a quelli che sarebbero gli standard normali in proporzione ai contributi versati.

Risparmio sarebbe sensibile, ma difficile

Il Quotidiano[.]net, in una propria indagine, pone l'accento su quelli che sono gli assegni percepiti dai così detti big delle organizzazioni sindacali. Si tratta di un metodo per rendere chiara la situazione. Susanna Camusso, leader della Cgil, percepirebbe 4.000 euro netti al mese, Maurizio Landini della Fiom 2250 euro, Annamaria Furlan della Cisl 3964 euro e Barbagallo della Uil 2800 euro al mese. E' chiaro che, per nessuno di loro, si può stabilire a bocce ferme se il loro reddito pensionistico può rappresentare un esempio tangibile di quello squilibrio esistente tra loro ed il reddito dei cittadini.

Ed, inoltre, esisterebbe da tempo una circolare pronta a tagliare questo sistema di privilegi, ma per il momento è rimasta nei cassetti del Ministero del Lavoro. Ci sarebbe l'intenzione da parte di Luigi Di Maio di riportarla in auge, ma è praticamente impossibile immaginare che possa essere messa in atto nei confronti di chi ha già maturato il diritto.

Pensioni: i privilegi dei sindacati

Un sindacalista, quando inizia a fare attività, non può più continuare a svolgere la propria attività lavorativa. A quel punto possono essere innescati due meccanismi: quello del distacco e quella dell'aspettativa non retribuita. Nel primo caso, piuttosto diffuso nel settore pubblico, stipendi e contribuzione restano a carico del datore di lavoro.

Nel secondo, invece, i contributi vengono conteggiati, ma non versati e sono detti "figurati". In entrambe le ipotesi c'è un costo da pagare per i contribuenti. Più volte si è puntato il dito contro i parlamentari, ma gli stessi sindacalisti, pur svolgendo un ruolo cruciale nell'economia del tessuto sociale italiano, si sono assicurati dei privilegi che, accumulatisi uno dopo l'altro, li mettono in una condizione di favore rispetto ai cittadini. Difficilmente si tratta di corsie preferenziali che li porta ad acquisire ricchezza, ma in un'epoca in cui si prova a lavorare con il bilancino per alzare le pensioni minime e per anticipare i tempi della pensione c'è la voglia degli italiani di leggi che equiparino tutte le posizioni.