In attesa di stabilire quante risorse si potranno destinare al capitolo previdenziale nella prossima manovra di Stabilità, l’Esecutivo continua a studiare soluzioni previdenziali atte ad iniziare il cosiddetto superamento delle Legge Fornero. Una riforma che dovrà necessariamente essere fatta in più tappe, non essendoci le risorse necessarie per fare tutto e subito. La misura su cui il Governo sembra intenzionato a giocarsi le sue carte in vista della prossima Legge di Bilancio resta quota 100. Per quota 42 invece se ne riparlerà, salvo sorprese che al momento appaiono improbabili, l’anno prossimo.
Il nodo risorse è sempre quello che rende difficoltoso il processo riformatore che l’Esecutivo vorrebbe intraprendere e così anche su quota 100 si cercano soluzioni che rendano meno pesante l’impatto della misura sulle casse statali. L’autorevole quotidiano economico-finanziario “il Sole 24 Ore” riporta una interessante novità che riguarda proprio quota 100. Dalle indiscrezioni che accompagnano il cantiere previdenziale messo in piedi dal Governo spunta la cosiddetta quota 100 modulabile. Vediamo di cosa si tratta e cosa cambierebbe per l’ormai nota misura.
Una misura di uscita flessibile
Il 27 settembre l’Esecutivo dovrà presentare la nota di aggiornamento del DEF, il Documento di Economia e Finanze che come di consueto anticipa la Legge di Bilancio.
Dopo la manovra il DEF è senza dubbio l’atto di Governo più importante, quello nel quale vengono messi nero su bianco i capitoli di spesa per tutti i provvedimenti che dovranno essere emanati ed inseriti in manovra. Dal DEF quindi si capirà quali e quanti soldi possono essere spesi per quota 100, che secondo le stime, nella versione a partire dai 64 anni di età, costerebbe la bellezza di 4 miliardi di euro.
Troppi soldi che spingono il Governo a cercare correttivi. Ed è così che nasce l’idea di questa quota 100 modulabile. Come funziona la quota 100 modulabile? La nuova ipotesi concederebbe una priorità ai lavoratori di servizio per aziende in crisi. Priorità per l'espletamento della pratica e nella concessione dell’assegno pensionistico, ma anche vantaggi (non ancora quantificabili) in termini di requisiti di accesso alla misura.
Infatti i requisiti anagrafici e contributivi necessari per la quota 100 potrebbero differenziarsi a seconda del settore lavorativo del richiedente la pensione. L’obbiettivo è sempre lo stesso, lanciare la misura ma vincolata a determinati paletti e restrizioni. E gli scettici cominciano a pensare che, se davvero sarà emanata, la misura diventerà fruibile solo da una sempre più ristretta platea di lavoratori.
I vincoli ed i paletti
Già l’età minima di uscita a 64 anni rende la misura poco fruibile da molti lavoratori che non hanno la giusta età. Un soggetto con 40 anni di lavoro e 60 di età non potrebbe lasciare il lavoro con quota 100 che paradossalmente verrebbe concessa a chi ha “solo” 36 anni di lavoro ma con 64 anni di età.
Poi, ci sarebbero i contributi figurativi che dovrebbero essere limitati a solo due anni (escludendo maternità e servizio militare, sempre validi), rendendo difficile centrare i 36 anni di contributi per un sessantaquattrenne che magari ha sempre lavorato in edilizia o nel settore turistico, agricolo e stagionale. Soggetti questi che per tipologia di attività lavorativa e condizioni climatiche, fanno ricorso spesso agli ammortizzatori sociali e quindi ai contributi figurativi. Adesso esce fuori la novità che in caso di ridotte dotazioni finanziarie, la misura potrebbe nascere fino ad esaurimento risorse, questo quanto sottolinea il quotidiano. E verrebbe data priorità a lavoratori la cui uscita è collegata alle crisi aziendali. Inoltre a seconda del settore lavorativo dell’azienda in crisi, sarebbero flessibili i requisiti richiesti al lavoratore per centrare la quota 100.