L’esecutivo è pronto a licenziare oggi il documento di programmazione della legge di Bilancio che andrà in vigore l’anno venturo. Oggi è previsto il Consiglio dei Ministri che dovrebbe di fatto mettere sul tavolo la manovra che poi andrà presentata alla Camere per gli emendamenti e per la sua approvazione definitiva. Il pacchetto Pensioni inserito nella manovra conterrà sicuramente la quota 100, la misura più discussa e attesa dal punto di vista previdenziale. Sulla quota 100 e sul suo funzionamento c’è attesa per conoscere i dettagli, con le ultime ipotesi che spingono verso una misura che segnerà il ritorno alle cosiddette finestre.
Ecco gli ultimi aggiornamenti in vista dell’incontro odierno che potrebbe chiarire meglio molti degli aspetti di questa quota 100 che appaiono ancora poco chiari.
I requisiti di quota 100
Una certezza riguarda il doppio vincolo che la misura imporrà a coloro che potrebbero sfruttare la misura per anticipare l’uscita dal lavoro e la conseguente pensione. Il primo vincolo è sempre quello anagrafico, cioè l’età minima per poter accedere a questa nuova misura pensionistica. Bisogna aver compiuto 62 anni di età per poter rientrare nella quota 100. Il secondo vincolo, altrettanto importante, è quello contributivo cioè la dotazione di contributi previdenziali necessari sempre per l’accesso a quota 100.
Servono almeno 38 anni di contributi versati a qualsiasi titolo. Nessun vincolo relativo ai contributi figurativi che, allo stato attuale delle cose, sempre in attesa che tutto venga messo nero su bianco dal Governo, dovrebbero essere tutti validi. Con il doppio vincolo le possibili combinazioni di uscita sarebbero 62, 63, 64, 65 e 66 anni di età sempre con 38 di contributi.
Questo perché a 67 anni di età nel 2019 si entra nel campo di applicazione della normale pensione di vecchiaia con 20 anni di contributi.
Il meccanismo con le finestre di uscita
I vincoli di cui parlavamo in precedenza servono al Governo per rendere la misura sostenibile, cioè per ridurre l’impatto economico che la misura avrà sulle casse statali e per farla rientrare nei 7 miliardi di euro che nel Documento di Economia e Finanze sono stati destinati al capitolo previdenziale.
Sempre con l’obbiettivo di ridurre la spesa per la misura, si pensa all'introduzione di finestre di uscita prefissate. Con il sistema a finestre la data di decorrenza di una prestazione previdenziale viene spostata in avanti nel tempo rispetto al giorno in cui il richiedente la pensione raggiunge i requisiti utili all’uscita. In pratica, la pensione non verrebbe erogata dal 1° giorno del mese successivo a quello in cui si completano i requisiti come accade oggi con le pensioni di vecchiaia o con le pensioni anticipate, ma bisognerà attendere l’apertura della finestra. Ad oggi appare probabile che queste finestre siano fissate anticipatamente, con la prima che dovrebbe partire con il via della misura, cioè il 1° aprile.
In sostanza, un soggetto che compie 62 anni a gennaio 2019 e, alla stessa data, ha già raggiunto i 38 anni di contributi versati, dovrà attendere aprile per poter incassare la prima rata di pensione spettante. Un modo per rendere meno pesante il costo della misura per le casse dello Stato. L'ultima finestra utile alla pensione per chi completa i requisiti nel 2019, come riporta un articolo-analisi del Sole24Ore, potrebbe essere fissata a gennaio 2020.