Il 2019 potrebbe essere per i lavoratori statali l'anno del grande esodo. L'età media degli impiegati della Pubblica Amministrazione italiana è decisamente elevata, 52 anni per l'esattezza.
Secondo le stime del governo Gentiloni nel triennio 2019-2021 sarebbero ben 450 mila i dipendenti pubblici che raggiungerebbero i requisiti per il pensionamento.
A questi, con l'entrata in vigore di Quota 100, si aggiungerebbero ora tutti quelli che potranno lasciare il lavoro a 62 anni di età, avendo versato 38 anni di contributi come previsto dalla manovra. Parliamo di una platea che per il solo 2019 si aggira intorno alle 140 mila unità, anche se il governo stima che saranno solo 120 mila quelli che decideranno di avvalersi dello scivolo.
Non bisogna dimenticare poi le circa 90-100 mila persone che nel 2019 hanno maturato i requisiti per la pensione secondo la legge Fornero.
A conti fatti quest'anno potrebbero uscire della pubblica amministrazione più di 200 mila statali. Il rischio, secondo alcune stime, è che circa 40 mila posti possano restare scoperti. Il ministro della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, in una recente intervista rilasciata al quotidiano il Messaggero, ha spiegato che il turn over sarà garantito al 100% e che tutti i lavoratori saranno sostituiti.
Secondo i sindacati però, il problema potrebbe essere rappresentato dalla non contemporaneità dei tempi tra le uscite e le nuove assunzioni. La manovra economica prevede infatti un blocco di queste ultime fino al 15 novembre 2019.
Così, se come chiesto dal vice premier Matteo Salvini, i dipendenti pubblici potranno uscire con i requisiti di Quota 100 a partire dal prossimo luglio, in quattro mesi potrebbero rimanere scoperte circa 40 mila posizioni. Il ministro Bongiorno punta invece a ottenere che le prime uscite avvengano ad ottobre, riducendo così la distanza con la scadenza del blocco delle assunzioni.
In manovra sono previste oltre 33 mila assunzioni nelle amministrazioni pubbliche per i prossimi cinque anni, ma il processo è stato rinviato al 2020.
Situazione allarmante in corsia e per le sale operatorie
Secondo i sindacati già ora negli ospedali italiani mancherebbero circa 20 mila medici e 53 mila infermieri, a causa del blocco delle assunzioni e dei tagli che hanno investito soprattutto le Regioni che hanno i conti in rosso.
Con l'entrata in vigore di Quota 100 questi numeri potrebbero ulteriormente peggiorare. Al 31 dicembre 2017 più di 25 mila tra dirigenti e medici e 39 mila infermieri hanno maturato i requisiti anagrafici per l'uscita da lavoro e se decidessero tutti di andare in pensione l’erogazione dei servizi sanitari sarebbe a serio rischio. L’associazione dei chirurgi ospedalieri italiani (Acoi), ha stimato che su 7 mila chirurghi saranno in circa 1500 a lasciare l'incarico per andare in pensione.
Il presidente dell'Acoi, Pierluigi Marini, primario dell'ospedale San Camillo di Roma spiega che, sebbene per il blocco del turnover l’età media degli specialisti di chirurgia generale sia molto elevata, questo non rappresenta un limite ma un bene, perché il servizio delle sale operatorie va avanti proprio grazie agli ultra 55enni.
Nel Lazio, sottolinea Marini, potrebbe essere difficile garantire i livelli assistenziali se uscissero i 100 chirurghi che hanno maturato i requisiti, sui 600 totali.
Ad andare in pensione potrebbe essere soprattutto personale in posizione dirigenziale, con grande esperienza. Il problema del ricambio generazionale si somma a quello del numero di uscite, perché sempre meno ragazzi scelgono la professione medica, soprattutto la specializzazione in chirurgia generale. Alla base di questa mancanza di specializzandi ci sono una serie di motivazioni, legate ai carichi di lavoro sempre maggiori, alla questione del contenzioso e delle richieste di risarcimento, che stanno aumentando a dismisura costringendo chi opera in sala operatoria a farsi un’assicurazione che costa non meno di 7 mila euro.
Un altro probabile esodo è previsto sul fronte degli infermieri: oltre 100 mila hanno più di 55 anni.
A rischio Giustizia, Inps e uffici amministrativi
Circa 20 mila dei 140 -160 mila statali che potrebbero optare per l’anticipo pensionistico, sono assunti presso gli uffici amministrativi centrali dello Stato.
Interessati gli uffici del settore giustizia, i dipartimenti che si occupano di immigrazione, gli enti della previdenza e le amministrazioni fiscali, che nel 2019 hanno visto aumentare il carico di lavoro in previsione dell’entrata in vigore delle nuove norme e provvedimenti.
Il governo stima che, grazie ai futuri aumenti previsti in manovra, le uscite potrebbero essere inferiori rispetto ai numeri potenziali.
Allarmante la situazione nel settore giustizia: stime ufficiali non esistono, ma i rappresentanti del comparto fanno sapere che solo sul fronte dei cancellieri potrebbero potenzialmente uscire tra le 600 e le 700 unità. Per un settore già fortemente in affanno come quello dei tribunali sarebbe un ulteriore pesante rallentamento nello svolgimento delle proprie funzioni.
Anche all’Agenzia delle entrate e all’Inps i numeri destano molta preoccupazione: sul versante dei lavoratori del fisco dovrebbero essere circa 700 - 800 i dipendenti che ricadrebbero in Quota 100, un numero maggiore i potenziali pensionati nell’ente previdenziale.
Il presidente dell'Inps, Tito Boeri in vista delle possibili uscite ha più volte espresso il suo dissenso per la decisione dell’esecutivo di bloccare il turn over fino al prossimo 15 novembre.