I tempi tecnici della legge di Bilancio del governo Conte sono stati più lunghi di quelli classici. Problemi con Bruxelles e ritocchi continui ai provvedimenti hanno prodotto problemi ed anomalie che, in materia previdenziale, iniziano già a sortire effetti. La manovra di Bilancio ha al suo interno stanziamenti per il capitolo previdenziale, ma dei provvedimenti e delle misure da adottare non c’è traccia: l’esecutivo ha da tempo fissato al 12 gennaio la data di uscita del decreto sulle Pensioni che, oltre a quota 100, prevede altri interventi in materia pensionistica.
Intanto l’Inps ha già confermato con messaggi e circolari i cambiamenti di importo e requisiti di accesso alle pensioni, in base alle vecchie normative. Cambiamenti che pertanto sono in parte a scadenza, perché nel decreto di metà gennaio molto cambierà sia per le pensioni già in pagamento che per quelle dirette a lavoratori che lasceranno il lavoro nel 2019. L’aspettativa di vita ha prodotto l’aumento di 5 mesi dei requisiti di accesso a molte delle prestazioni pensionistiche in vigore, ma per esempio sulle anticipate il governo medita cambiamenti di rotta. Le pensioni in cassa dal 1° gennaio invece, sono state adeguate ad una vecchia normativa, anch’essa in procinto di essere cambiata dal decreto in arrivo.
Aspettativa di vita
Il 2019 rappresenta l’anno in cui l’aspettativa di vita farà allontanare di ulteriori 5 mesi le pensioni per gli italiani. La pensione di vecchiaia, che fino allo scorso 31 dicembre si centrava con 20 anni di contributi e 66 anni e 7 mesi di età, indistintamente per uomini e donne, dal 1° gennaio si centra con 67 anni.
Anche l’assegno sociale viene portato alla stessa soglia di età pensionabile della quiescenza dei vecchiaia. Lo scivolo per precoci, misura del governo Gentiloni e strutturale, sposta il requisito di accesso, quello dei contributi, da quota 41 a quota 41 e 5 mesi. Per via dell’aspettativa di vita, tutte le misure in deroga alle attuali norme, dall’opzione Dini alle tre deroghe Amato, salgono all’età pensionabile di 67 anni.
Anche le pensioni anticipate, cioè le ex pensioni di anzianità subiscono questo inasprimento. Fino a tutto il 2018, le pensioni anticipate si percepivano una volta raggiunti i 42 anni e 10 mesi di contributi versati se il richiedente è uomo ed a 41 anni e 10 mesi per le donne. Dal 1° gennaio invece si sale a 43 anni e 3 mesi e 42 anni e 3 mesi rispettivamente per lavoratori e lavoratrici. Nel decreto in arrivo però ci dovrebbe essere un congelamento di questo inasprimento per le pensioni anticipate. In attesa di conferma con l’atto di governo, sembra certo il blocco di questi scatti per le anticipate che pertanto resterebbero alle stesse soglie di uscita del 2018. La novità per queste prestazioni sarebbe l’adozione del meccanismo a finestre, con la decorrenza della pensione che scatterebbe 3 mesi dopo aver raggiunto i requisiti, spostando di fatto la pensione a 43 anni ed un mese per i maschi e 42 anni ed un mese per le femmine.
Perequazione
Se i requisiti di accesso alle pensioni riguardano chi in pensione ci deve ancora andare, non poche le novità per chi la pensione la percepisce già. Infatti l’Inps con circolare di fine anno ha confermato l’adeguamento delle pensioni all’inflazione alla legge 388 del 2000. Nella circolare l’Inps comunica che questi aumenti saranno a carattere provvisorio, preannunciando già le variazioni che l’attuale governo ha in serbo. Infatti, le prestazioni pensionistiche già in essere dal 1° gennaio sono state adeguate e quindi aumentate all’inflazione dell’1,1%, in base ad un sistema a 3 fasce. Il 100% di rivalutazione per quelle fino a tre volte il minimo, il 90% è applicato a pensioni tra 3 e 5 volte il minimo ed il 75% per quelle più alte elevate.
Il decreto dovrebbe stabilire invece un nuovo meccanismo basato su 7 fasce. Resta invariato l’adeguamento del 100% per le pensioni fino a 1.522 euro lorde al mese (3 volte il minimo), mentre per le altre, si adotterà il 97, 77, 52, 47, 45 e 40%. Una situazione di provvisorietà di questi aumenti che provocherà, probabilmente a partire dal mese di marzo, dei ratei di pensione con conguagli a favore o a sfavore a seconda di chi trae vantaggi o svantaggi da questa nuova struttura della perequazione.