L'On. Bignami di FDI ha presentato qualche giorno fa una proposta di legge, la n. 2030, che prevede tutta una serie di novità per gli avvocati che serviranno a garantire una maggiore equità a tutta la categoria. In primis il DDL prevede l’abolizione dell’odioso obbligo di versare ogni anno il contributo fisso di circa € 3-4.000 che ormai non è sostenibile per molti e specialmente per quegli avvocati che hanno iniziato la professione forense da poco.

Quasi tutti gli avvocati d’Italia sono infatti contrari all’obbligo dell’iscrizione automatica alla Cassa Forense, e ancor di più all’imposizione del pagamento di un contributo minimo obbligatorio a pena della cancellazione dall’albo professionale.

Con l’entrata in vigore del Regolamento del 2014, attuativo dei commi 8 e 9 della L 247/12, tutti i procuratori legali indipendentemente dal reddito e dall’età sono infatti stati costretti ogni anno a versare un contributo previdenziale fisso alla cassa forense che proprio perché non ha natura tributaria (non configurandosi così una violazione dell'art 53 cost) viene qualificato come una prestazione patrimoniale diretta a contribuire agli oneri finanziari del regime previdenziale categoriale.

Il punto nodale è legato proprio al fatto che ormai da 10 e passa anni tutta l’avvocatura sta vivendo un periodo di profonda crisi dovuta alla forte concorrenza per il venir meno delle tariffe minime e ad un soprannumero di avvocati rispetto alle effettive esigenze della comunità.

I giovani avvocati con reddito professionale molto basso hanno infatti difficoltà ad iscriversi all’albo professionale e ad accedere alla professione dato che devono versare fin da subito i contributi alla Cassa Forense.

Arriva la proposta n 2030 per revisionare la L. n. 247/2012

La proposta dell'On. Bignami non si concentra però solo su tale questione ma raccoglie tutte una serie di istanze proprie della categoria che nel corso degli anni ha perso potere e a volte anche credibilità.

Si interviene anche sull’esame di Stato per esempio con l’aggiunta di un'ulteriore sessione per le prove scritte e l’idea di misure premianti e meccanismi di trasparenza.

Un’altra novità è quella del ripristino della figura del praticante abilitato e della eliminazione della figura del praticante sostituto processuale. Il praticante dovrà sempre ricevere un compenso per la pratica che svolge durante i 18 mesi così da eliminare quel senso di precarietà che attanaglia le giovani generazioni, perché non basta di certo più una forte motivazione.

Se la proposta di legge venisse approvata sparirebbe anche l'incompatibilità della professione forense con il lavoro subordinato. In questo modo si vuole rendere più attrattiva la professione dell'avvocato che è ancora considerata una professione prestigiosa. La popolazione forense infatti continua a crescere, sebbene non come nell’anno 1999. Alla fine del 2017 gli iscritti all’albo hanno raggiunto le 242.796 unità. Il reddito medio, invece, si contrae. Dal 1996 ad oggi è calato di circa il 30% e oggi è pari a 38.437 euro.