Si chiamerà "No delivery day" lo sciopero dei riders di tutta Italia indetto per il 26 marzo. La notizia circola sui social ormai da qualche giorno e sta venendo condivisa da tutte le maggiori associazioni di riders italiani.
La protesta - indetta dalla rete "Rider x i Diritti" - è volta a richiedere l'applicazione di un contratto collettivo nazionale di settore, nello specifico trasporti, logistica o commercio, maggiori tutele e diritti.
Chi sono i riders
I riders sono i fattorini delle consegne del cibo a domicilio. Lavorano principalmente in bici o in moto (da qui il termine inglese rider, letteralmente significa "persona che cavalca" una bici, una moto, ma si usa anche per i cavalli, ndr).
La polemica sull'inquadramento lavorativo dei riders circola ormai da alcuni anni.
Le multinazionali che si occupano del cibo a domicilio, come JustEat, Deliveroo, Glovo, inizialmente avevano inquadrato i fattorini come lavoratori autonomi. In sostanza chi lavora guadagna a consegna e deve pagare di tasca propria i mezzi per poter lavorare. Bici, benzina per il motorino e documenti vari, e pure il telefono per poter accettare le consegne, sono a carico del rider.
Si tratta di un lavoro che ha chiaramente dei rischi correlati. Andare in bici o in motorino per le strade di una piccola città non troppo trafficata non è particolarmente pericoloso. La questione cambia quando si parla delle strade delle grandi città, con il traffico, le condizioni del manto stradale non adeguate, o condizioni meteo avverse.
Si tratta di lavoratori che non hanno diritto a ferie, malattia o indennizzi in caso di incidenti sul lavoro.
Il problema dei contratti di lavoro
Da almeno tre anni si discute sulla figura professionale del rider. In una prima sentenza del 2018, il Tribunale di Torino aveva dichiarato i riders come lavoratori autonomi, poiché possono rifiutare di effettuare la consegna.
Poi nel 2019, la Corte d'Appello di Torino ha fatto notare che il rider è sì, un lavoratore autonomo, ma rientra in quello che viene definito "terzo genere" di lavoratori, né completamente subordinati, né completamente autonomi. Pertanto, queste figure hanno diritto alle tutele riconosciute ai lavoratori subordinati "se la prestazione è personale, continuativa e le modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro".
Alla fine del 2019 si è arrivati all'approvazione della legge 2 novembre 2019, n. 128, che garantisce ai riders maggiori diritti, in particolare per quanto riguarda la retribuzione minima e alcune tutele legate alla sicurezza sul lavoro. Secondo la legge, il termine ultimo per stipulare un contratto nazionale dei riders era il 30 ottobre 2020.
Le motivazioni dello sciopero
Per tutto l'anno scorso, mentre i riders continuavano a lavorare anche durante il lockdown per assicurare le consegne agli italiani chiusi in casa, AssoDelivery, che rappresenta le multinazionali del food delivery, ha aperto le trattative con i sindacati. Cgil, Cisl e Uil hanno posto immediatamente come condizione il riconoscimento del lavoro (principalmente) subordinato del rider, chiedendo che essi vengano posti sotto il contratto nazionale della logistica.
Ma AssoDelivery rifiuta.
A giugno 2020, quindi, AssoDelivery si rivolge alla neonata unione di Anar - Associazione nazionale autonoma rider e Ugl. Nel contratto Ugl/Assodelivery si legge di 10€/h, inteso come un rapporto da applicare al tempo stimato a priori dalla piattaforma necessario ad effettuare un determinato servizio. Di conseguenza continua il pagamento a cottimo come prima. Non è prevista nemmeno un'indennità per le attese al ristorante, a volte molto lunghe. Questo accordo ha inoltre permesso alle aziende di abbassare le tariffe delle singole consegne, ratificando un metodo già in uso. Lo standard orario è rimasto 0€ ma la redditività oraria si è abbassata.
Alla fine del mese di febbraio 2021, la Procura di Milano ha concluso un'inchiesta che inquadra il rider come lavoratore subordinato.
L'indagine ha portato anche sanzioni per 733 milioni di euro alle multinazionali del delivery. L'inchiesta ha inoltre affermato che per le condizioni in cui lavorano i riders, questi debbano essere assunti con contratto di lavoro coordinato e continuativo. Basta pagamenti a cottimo, quindi, ma servirebbe un contratto con obbligo di visite mediche e fornitura di attrezzature adeguate.
Lo sciopero del 26 marzo
Da qui nasce la protesta. Molti dei riders non hanno intenzione di sottostare all'accordo tra Ugl e Assodelivery, anche alla luce dell'inchiesta della Procura di Milano.
La rete "Rider x i Diritti" ha indetto perciò lo sciopero nazionale delle consegne di cibo a domicilio per il 26 marzo, chiedendo la collaborazione anche degli utenti e dei ristoratori.
"A tutte le cittadine e i cittadini chiediamo di non usufruire del servizio di consegna a domicilio il giorno della mobilitazione", si legge su Facebook, e suggeriscono di rivolgersi direttamente al ristorante prescelto, evitando di utilizzare le piattaforme di delivery.
NOTA DI CORREZIONE 24/03/2021: Articolo aggiornato in data 24/03/2021. In un primo momento si leggeva: "Il contratto viene stipulato il 15 settembre e - nonostante preveda un aumento della retribuzione standard oraria e maggiorazioni per il lavoro notturno - continua a inquadrare i fattorini più come autonomi che come subordinati". In realtà non è stata aumentata la retribuzione oraria nel contratto. Nel contratto Ugl/Assodelivery parlano di 10€/h ma va inteso come un rapporto da applicare al tempo stimato a priori dalla piattaforma necessario ad effettuare un determinato servizio.
Di conseguenza continua il pagamento a cottimo come prima. Non è prevista nemmeno un'indennità per le attese al ristorante, a volte molto lunghe. Questo accordo ha inoltre permesso alle aziende di abbassare le tariffe delle singole consegne, ratificando un metodo già in uso. Lo standard orario è rimasto 0€ ma la redditività oraria si è abbassata.