Il bilancio tracciato dei costi sostenuti dalle casse statali fino a questo momento, per gli oltre 341 mila lavoratori andati in pensione anticipata grazie al pacchetto Welfare denominato 'Quota 100', è di ingenti proporzioni. Sono stati spesi, infatti, oltre 11 miliardi e mezzo di euro in tre anni. Dati forniti dall'Inps, aggiornati agli ultimi giorni del mese di agosto. In sette casi su dieci, a uscire dal posto di lavoro, attraverso lo strumento 'Quota 100', sono stati soggetti di sesso maschile, reduci da una occupazione retribuita in maniera più che sufficiente.

Si tratterebbe di oltre 107.000 dipendenti delle pubbliche amministrazioni che mediamente percepiranno una pensione pari a 28.000 euro, o poco più, lordi all'anno e di 167 mila dipendenti del settore privato, a cui spetterà un sussidio pensionistico medio del valore di 27.000 euro. Mentre i lavoratori autonomi che nell'ultimo triennio sono stati collocati in pensione sono oltre 67.000 con una retribuzione annua che si attesta sui 17.900 euro.

L'Inps rende noti i dati sui pensionati con Quota 100 negli ultimi tre anni

L'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale rende noti i dati delle Pensioni degli ultimi tre anni per oltre 341 mila dipendenti pubblici, privati e autonomi, attraverso 'Quota 100' e tiene a rammentare che i termini per poter maturare i requisiti richiesti, e presentare quindi la contestuale domanda di pensionamento anticipato, scadono il 31 dicembre.

All'interno delle varie forze politiche il dibattito sembra assumere toni assai aspri e accesi, tra chi vorrebbe cancellare 'Quota 100', riadottando la tanto controversa e discussa riforma Fornero, e chi invece, Lega in primis, vedrebbe di buon occhio la dismissione del reddito di cittadinanza, pur di non rinunciare a una sorta di scorciatoia per ottenere la pensione prima del previsto.

Le casse statali, fino ad ora, per poter garantire ai 341 mila lavoratori il raggiungimento di questo traguardo, hanno dovuto sopportare in tre anni, una spesa davvero imponente. Sono stati spesi oltre 11 miliardi e mezzo di euro, per persone che nella stragrande maggioranza dei casi erano ancora in grado di continuare a lavorare ed essere utili al sistema economico e produttivo italiano.

Considerato che questo esodo in uscita non ha creato grandi margini di miglioramento per le prospettive di assunzione per i giovani. L'Ocse, organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, in un rapporto sulla situazione italiana, non ha giudicato in modo positivo tale bilancio del Ministero del Tesoro, chiedendo al Governo di cancellare la misura e non concedere ulteriori proroghe al termine del 31 dicembre.

Ragion per cui, l'Esecutivo lavorerebbe alacremente per modellare le modalità di accesso all'Ape sociale, un sussidio per coloro i quali hanno 63 anni fino al pensionamento per anzianità di servizio o età anagrafica. Strumento, questo, concesso adesso a una categoria molto risicata di soggetti che abbiano almeno 30 anni di contributi versati: disoccupati, invalidi e chi presta assistenza a persone disabili.

Oltre alle categorie impiegate nello svolgimento di lavori gravosi e usuranti con minimo 36 anni di contributi. Si starebbe pensando di rimodulare i requisiti per agevolare i prestatori di servizio più svantaggiati da una serie di condizioni, economiche prima di tutto.