In questi giorni tutti i mezzi di informazione danno notizia della partecipazione di Francesco Schettino, comandante della nave da crociera "Concordia", naufragata davanti l'Isola del Giglio il 13/01/2012, ad un seminario organizzato dal professor Mastronardi dell'Università La Sapienza di Roma. La partecipazione di Schettino, in veste di "commentatore", ha suscitato condivise prese di distanza in quanto, come ricordato e precisato in un comunicato del Rettore dell'università, il comandante è attualmente a giudizio davanti al Tribunale di Grosseto per il disastro della Concordia che ha causato la morte di 33 persone.

Eventuali responsabilità penali del comandante Schettino, saranno accertate dalla magistratura ma "dall'esterno" i tanti che hanno ascoltato l'audio della drammatica telefonata al momento del naufragio tra il capitano De Falco, della Capitaneria di Porto di Livorno e Schettino, hanno serie difficoltà a capire come possa insegnare Schettino a "gestire il controllo del panico" essendo stato tra i primi ad abbandonare la Concordia. E le perplessità coinvolgono anche il direttore del master in scienze criminologiche nonché professore di psicopatologia forense.

Qualche osservazione. Inopportuno tempismo: la Concordia ha appena raggiunto il porto di Genova per essere smantellata. Non sono stati ancora recuperati i poveri resti del cameriere Russel Rebello che il "suo" comandante sale in cattedra ad insegnare come gestire il panico.

Diciamolo apertamente, il comandante Schettino non ha mai dimostrato molto "tatto". In questi due anni, avremmo avuto piacere di sentire parole di scuse, almeno verso i familiari delle vittime. Non significava riconoscere responsabilità penali.

Quale triste analogia abbiamo il naufragio del traghetto Sewol, dell'aprile 2014, nel mare della Corea del Sud.

Il comandante, Lee Joon-Seok, ha abbandonato la nave senza preoccuparsi dei passeggeri. Un video lo riprende tra i primi a salire sulle scialuppe di salvataggio. Al momento dell'arresto, a testa bassa, ha espresso parole di scusa alle famiglie delle vittime ed all'intera nazione. I morti sono stati 293, 10 i dispersi e 172 i sopravvissuti; umanamente impossibile accettare le scuse ma almeno il comandante del Sewol le ha espresse.

A fine anno scolastico, nelle scuole superiori si organizza il "field trip" cioè la gita di una settimana che coinvolge studenti, insegnanti e genitori. Abbiamo accompagnano i nostri figli alla partenza, conosciamo quel momento ed è inimmaginabile un non ritorno o un ritorno dentro ad una bara.

Sul traghetto Sewol erano presenti 300 studenti di una scuola superiore di Ansan, la Danwon High School. Anche il vice direttore della scuola era sul traghetto ed è sopravvissuto. Ma non ha retto al senso di colpa, semplicemente per essere sopravvissuto così si è suicidato, due giorni dopo, impiccandosi ad un albero, lasciando in un biglietto le richieste di essere cremato e di disperdere le sue ceneri dove si è inabissato il traghetto Sewol; per stare vicino ai suoi studenti, ha scritto.

Aveva tre figli ed una moglie: non aveva responsabilità se non quella, pagata con la vita, di avere scelto l'infelice destinazione. Stesso discorso tra gli avvocati: nessun legale ha voluto assumere la difesa degli imputati ed il tribunale ha dovuto nominare avvocati d'ufficio.

A questo punto, soltanto a livello morale, giudichiamo i sud coreani ed alcuni italiani, anche professori universitari, per i comportamenti tenuti nei momenti successivi al naufragio "nazionale".