In Italia si muore, di malattia, di vecchiaia, di stenti, di mafia e camorra, d'incidente e travolti dal fango. Nel resto del mondo si muore anche per guerre religiose che portano alla pulizia etnica o come vittime di una guerra di democrazia, si muore diventando i cosiddetti "danni collaterali", cosa ancor più atroce e assurda d'accettare. In Italia crediamo di essere lontani da queste assurde logiche belliche, ma basta che arrivi una pioggia consistente ed ecco che anche qui si diventa vittime, "danni collaterali", ecco che si muore a causa d'imponderabili e assurdi calcoli o reticenze, assurdi divieti o colpevole silenzi e gli italiani piombano, all'improvviso, nell'angoscia del sentirsi soli e non tutelati, nel terrore di dover affrontare con le proprie forze una forza immane, cattiva e annientante come un torrente gonfio che esonda e sommerge tutto con le sue acque diventate fango assassino, e poi rimane la rabbia, per quelli che restano rimane la rabbia.
Dopo tre anni, a Genova si sono ripetute le stesse immagini devastanti di allagamenti, di furia distruttiva della natura che, incurante di tutto, vuole riprendersi i suoi spazi, occupati dall'umana incoscienza, dalla colpevole umana bramosia di cemento. Dopo tre anni, a Genova si muore per una pioggia, nuovamente, e mentre le gocce cadono dal cielo, come a un conseguente e consapevole pianto, per il dolore che quelle lacrime daranno, ecco che ricomincia il balletto del rimpallarsi le responsabilità, ecco che, partendo dalle autorità locali e salendo man mano nella gerarchia, si comincia a cercare di additare un possibile colpevole, qualcuno su cui addossare la colpa di questo nuovo disastro.
A Genova si muore, nuovamente, per una pioggia e resta la rabbia, accentuata dal sapere che, da tre anni a questa parte, ci sono nelle casse 35 milioni di euro, stanziati per la bonifica e la messa in sicurezza della zona, a Genova si torna a piangere per una morte assurda, che poteva essere evitata da un allarme meteo lanciato per tempo, ma ancor di più, una morte che poteva essere evitata se le pastoie burocratiche locali e nazionali non avessero bloccato i progetti e l'impiego di quei 35 milioni di euro.
A Genova si torna a essere sommersi dall'acqua fangosa della furia dei torrenti esondati, come se questi fossero dotati d'umana collera e volessero punire la colpevole inedia che permea l'animo dei burocrati, da tre anni fermi e lontani dall'agire, a Genova si torna a morire travolti dal fango e, come tre anni fa, alla fine nessuno sarà colpevole di quest'altra morte, alla fine nessuno sarà punito.
Additando un possibile colpevole, tutti loro, i burocrati che hanno bloccato quei 35 milioni di euro, si sentiranno la coscienza pulita, additando qualcun altro, loro si sentiranno scevri da ogni colpa e nei mille rivoli delle tante norme che in Italia vigono, alla fine tutti loro ne usciranno puliti e la colpa non sarà di nessun altro che della natura, fattasi improvvisamente crudele e cattiva verso l'uomo e i suoi spazi. Demandando questa sciagura all'imponderabile volere della natura, cercheranno di lavarsi la loro coscienza e, probabilmente, con una pala in mano, si faranno fotografare mentre spalano il fango che ha sommerso Genova ma, nella loro burocratica colpevolezza, a Genova si è tornati a morire nel fango. A Genova si muore per una pioggia e si diventa "danno collaterale" dovuto alla forza della natura, secondo questi burocrati. In Italia si muore di fango… e di burocrazia.