È stata confermata l'accusa di frode sportiva per Antonio Conte, l'attuale mister della Nazionale italiana. L'accusa risale ad eventi di qualche anno fa, quando Conte allenava il Siena, e inserisce l'ex juventino nella lista già ben nutrita della nuova inchiesta sul calcioscommesse. Sì, perché Conte è solo un nome, uno dei tanti: son ben 130 gli indagati tra calciatori, ex giocatori e dirigenti, tra cui, per citarne alcuni, anche Beppe Signori e Stefano Mauri. Di tutti colori, di tutte le squadre.

Ma stupisce tutto ciò? Ovvio, no. Non siamo certo per la prima volta di fronte a un caso simile, non sono certo questi i primi nomi che collegano sport e evasione fiscale o manipolazione delle partite.

Lo scandalo Moggi è tutt'ora ben vivido e scottante. Ma il nome di Conte è solo un simbolo, un fantoccio che testimonia come il mondo del calcio sia sempre più un paradiso d'élite, un locale a centro città per soli ricchi. Un mondo alla deriva. I tempi in cui si giocava a pallone per la strada con le scarpe bucate, le tortuose stradine brasiliane, sembrano ormai solo miti lontani, offuscati da vecchie nebbie.

Perché non si tratta di colori, né di fede calcistica: qui c'è in ballo la stessa concezione di calcio, se non addirittura di sport in generale, sempre più minata dall'interesse pecuniario, sempre più vicina a un universo di solo business, dove viene meno il calcio come gioco, come divertimento, ancor di più come stile di vita.

Persino a me, che non posso certo definirmi un esperto di calcio, ma solo uno che è stato tifoso a suo tempo, la fede calcistica può sembrare qualcosa di bello: vissuto con pacifismo, sportività, lealtà, il tifo è incitare la propria idea, combattere per essa, inneggiare alla bellezza. Sentir battere il cuore all'inizio dell'inno; non per falso patriottismo, né per voglia di soffocare gli altri, ma pura e semplice emozione.

Il vero tifoso ama il gioco, e poiché non esiste gioco senza avversario, il vero tifoso ama l'avversario.

Questa analisi, sul degrado economico calcistico, poi, può essere eletta a un più generale quantificatore sociale. Ecco che diventa quindi un ennesima espressione della mercificazione globale della società: e così la musica, e così il cinema, e così la tv.

Tutto è denaro. E allora mi rivolgo a voi, cari tifosi. Di tutte le squadre: l'esempio di Conte, ct della nazionale, è indice di come siano coinvolte tutte le fazioni. Allo stesso modo. Vi chiedo dunque: può un mondo in cui l'interesse economico, legale e non, prevalere sul divertimento, un mondo in cui la violenza dilaga come peste sugli spalti, rappresentare la nostra sacrale sportività? A questo punto, se inteso in questi termini, ci si può fidare del calcio?