Il 7 aprile 2015, in una intervista per il Corriere della Sera, il ministro degli esteri Paolo Gentiloni ha comunicato quella che ha l'aria di essere la posizione definitiva del Governo Renzi nei confronti dei temi - oramai più che urgenti - di Libia e Nigeria.



Come sappiamo, la minaccia in Libia è rappresentata dai miliziani dell'Isis, mentre, la minaccia in Nigeria è data dai miliziani di Boko Haram.

Il ministro è attento, non parla di temi urgenti riferendosi direttamente a Isis e Boko Haram, parla di Libia e Nigeria.

Non si tratta solo di scegliere il linguaggio geografico anziché quello militare per dire la stessa cosa.



Quella di Gentiloni è una dichiarazione che potremmo definire terapeutica già a partire dall'evento linguistico stimolato nell'ascoltatore.

In altre parole, parlare di Libia significa poter tenere a mente, oltre all'esistente minaccia dei miliziani dell'Isis, anche la presenza di musulmani non violenti con i quali continuare a portare avanti un piano di mediazione e cristiani perseguitati da difendere sul territorio. Stesso discorso per la Nigeria.



Quella esposta da Gentiloni ha tutta l'aria di essere una comprensione del problema terrorismo attraverso e all'interno di una prospettiva realmente composita.

Non si tratta di dover scegliere se è meglio l'intervento militare o l'azione diplomatica piuttosto che le iniziative di accoglienza.

In realtà, abbiamo a che fare con tutti questi problemi, sarebbe assurdo pensare di risolverli tutti con gli stessi mezzi e modalità.

La storia dell'umanità narra in diversi modi quelle che potremmo definire le "tare del pensiero umano", una su tutte la superstizione, l'idea di poter ricondurre e risolvere qualsiasi fenomeno della realtà nella stessa maniera.



La dichiarazione di Gentiloni aiuta ad allontanarci da quella che oggi potremmo definire "superstizione politica", o semplicismo riduzionista.



Il dibattito politico inizia ad assumere sempre meno i toni da "gioco delle tre carte".

L'invito di Gentiloni è, fondamentalmente, triplice:

  • Aiuti per profughi cristiani
  • Sistemi di accoglienza per gli immigrati
  • Azioni militari contro i terroristi

Alla ragionevole e lucida analisi, dal carattere necessariamente composito, dell'azione in Libia e Nigeria, il ministro aggiunge una nota di spirito e critica l'intollerabile indifferenza del "nostro mondo".



Nella mente del ministro c'è l'immagine dell'italiano medio, egoista, ignavo, dalla risposta facilona e disfattista sempre pronta.

Forse è ora che ci si interroghi un pò più seriamente a proposito di cosa potrebbe realmente portare una politica basata sull'idea che aiutare i profughi cristiani sia uno spreco di soldi, installare sistemi di accoglienza immigrati sia una follia e compiere azioni militari contro i terroristi sia un errore.

Ci chiediamo - vista la veloce degenerazione e pericolosità della situazione - nel momento in cui questo gioco politico delle belle statuine dovesse indirettamente contribuire all'avanzamento della minaccia armata, minaccia anche interna nel momento in cui ci si disinteressa di instaurare cooperazioni con gli immigrati, a cosa ci serviranno di bello i soldi non spesi?

Forse a curarci dopo qualche attentato? Speriamo le farmacie siano ancora aperte e gli ospedali in piedi!

La nota di spirito, al di là delle critiche, prosegue con la citazione delle parole e della persona del pontefice a proposito del "silenzio complice" e relativo invito a non assistere immobili al massacro di così tanti cristiani nel mondo.