Il gran parlare degli ultimi giorni sul decreto della buona Scuola invita ad alcune riflessioni, segnatamente riguardo la possibile assegnazione di cattedre in province o regioni diverse da quelle di appartenenza del candidato. La ferma opposizione dei sindacati in merito ha alimentato una serrata contestazione da parte dei docenti e si è arrivati a parlare addirittura di "deportazione di massa". Richiamo offensivo nei confronti delle vere vittime di deportazioni che si sono succedute nel corso della storia. Ed oggi è un po' come fare il paragone tra il cittadino europeo costretto dalla crisi a risparmiare sulla spesa scegliendo prodotti a basso costo e chi ha avuto la sfortuna di nascere nel Corno d'Africa.

Richiamo offensivo anche nei confronti di quelle menti eccelse che, dopo anni di studi e di sacrifici, hanno superato un concorso pubblico e si sono visti assegnare una sede a mille e più chilometri da casa. Per non parlare della fuga di cervelli, vero esodo di massa che penalizza il nostro Paese.

Non sono certamente da escludere elementi di criticità ravvisabili nel decreto, che deve essere tuttavia considerato nel suo complesso, giungendo ad una valutazione che tenga conto dei pro e dei contro della riforma. E questa valutazione non può prescindere dal fatto che la riforma, con tutte le sue contraddizioni, è da valutarsi positivamente, se non altro perché assicurerà un'occupazione a tempo indeterminato a più di centomila persone secondo le proprie aspirazioni e in conformità al titolo di studio posseduto (non poco di questi tempi).

Il piano di assunzioni si articola in quattro fasi. Molti docenti sono già stati immessi in ruolo nella cosiddetta fase 0 e nella cosiddetta fase A. Sono quei docenti ai quali sarà assegnata sicuramente una cattedra all'interno della propria provincia di residenza. Nelle fasi successive, le cosiddette fasi B e C, si provvederà alle ulteriori stabilizzazioni dei precari, assegnando le rimanenti sedi su base nazionale, ma in molti resteranno nella propria provincia o, almeno, nella propria regione.

Data la possibilità di assegnazioni in province o regioni lontane dalla zona di appartenenza (condizione fisiologica dei vincitori di un pubblico concorso), il governo ha comunque previsto una mobilità straordinaria per l'anno 2016 allo scopo di favorire i rientri e i ricongiungimenti familiari.Per lo stesso anno sarà inoltre bandito un concorso per 60.000 cattedre con attribuzione di un punteggio aggiuntivo per il servizio già svolto.

La sensazione è che non si perda occasione per ostacolare una riforma che, pur non essendo il massimo delle aspirazioni di alcuni docenti, viene costantemente demolita nei suoi contenuti dalle critiche dei sindacati e di alcune forze politiche inclini non tanto alla realizzazione di una seria controproposta in merito quanto al disfacimento e alla delegittimazione delle politiche riformatrici del governo.

Si tratterebbe, secondo le forze oppositrici, di immettere in ruolo tout court tutti i precari, assegnando a ciascuno di essi una cattedra nella propria provincia di residenza. Non si sa come, ma poco importa. È piuttosto importante affermare che il governo Renzi non ha mantenuto le promesse fatte e che la riforma verrà contrastata attraverso una grande mobilitazione di massa che, manco a farlo apposta, avrà la logica conseguenza dell'iscrizione di molti precari a questo o a quel sindacato.