L'11 luglio scorso il quotidiano inglese The Sun aveva pubblicato una speciale classifica dei centri urbani ritenuti più pericolosi in dieci diverse aree del pianeta. Molteplici i parametri di riferimento: gli omicidi, la presenza di gang, il narcotraffico, la guerra, i disordini razziali e la violazione dei diritti umani.

In questa speciale classifica, nota come "Most dangerous corner of the Earth", Napoli era stata considerata come la più pericolosa città dell'Europa occidentale. L'autore dell'articolo, Guy Birchal, aveva dunque accostato il capoluogo campano a città come Kiev, capitale dell'Ucraina in guerra con la Russia, Grozny, capitale della Cecenia martoriata dagli attentati, Mogadiscio e Raqqa, quest'ultima capitale dell'ISIS.

La pubblicazione dell'articolo da parte del quotidiano britannico aveva alimentato aspre polemiche. Vero che Napoli è città per vari aspetti problematica, ma da qui a considerarla tra le 11 città più pericolose al mondo ce ne corre.

Accanto alle reazioni della gente comune si erano sollevate le aspre obiezioni delle autorità politiche. Il sindaco della città partenopea, Luigi de Magistris, aveva pensato di querelare il quotidiano britannico.The Sun must have had a sunstroke (Il Sun deve aver avuto un colpo di sole) aveva poi commentato l'ambasciatore italiano a Londra, il napoletano Pasquale Terracciano.

Insomma un susseguirsi di proteste che devono aver indotto il tabloid inglese a un ripensamento, per il quale pare che abbia giocato un ruolo importante il movimento neoborbonico.

Secondo alcune indiscrezioni, il presidente del movimento, Gennaro De Crescenzo, avrebbe inviato diverse mail alla redazione del quotidiano inglese. Sarebbe stato poi contattato in prima persona dal caporedattore britannico Will Payne. Quest'ultimo si sarebbe reso conto dell'errore commesso e avrebbe promesso di rimuovere Napoli dalla mappa delle città a rischio.

La promessa sarebbe stata poi mantenuta e De Crescenzo avrebbe perfino invitato i giornalisti inglesi a Napoli per una pizza di riappacificazione.

Certo è che la vicenda si lega inequivocabilmente ai pregiudizi che accompagnano sempre più spesso i luoghi comuni sulla città partenopea. Giusta allora la disapprovazione dei napoletani. Ed è altrettanto giusto non abbassare la guardia di fronte ai problemi che questa stupenda città è costretta quotidianamente ad affrontare.