Non c'è dubbio che Martina eil suo amante Alex abbiano compiuto un grave gesto. I danni che hanno subito le loro vittimedifficilmente si potranno cancellarema sarà più difficilerimuovereil trauma che porteranno con loroper tutto il resto della vita.
La vicenda delle azioni messe in atto dalla coppia Boettcher-Levato è tornata a far parlaredopo la decisione del pm Annamaria Fiorillo di sottrarrealla mamma il bambino appena nato. La stampa e l'opinione pubblica si è divisa tra i favorevoli e i contrari.
Quello che ha fatto discutere di più sulla storia non sono tanto le aggressioni con l'acido pianificate dalla coppia ma la presunta mancatacapacità della Levatodi essere una buona madre.
Giudizi elargiti prima che potesse partorire e abbracciare suo figlio.
In televisione e nei giornali non si parla d'altro. I talk show si riempiono di opinionisti che si fingono psicologi, psichiatri, sociologi ma anche giudici e cominciano a parlare del diritto del bambino di essere tutelato da una "madre cattiva". Processi mediatici che non a caso avvengono nel luogo in cui per eccellenza viene venduto ildoppio-standard della donna come madre o donna-oggetto.
Esattamente è ciò che emerge nella rappresentazione della donna sui media. Se non corrisponde al binomioproposto dall'industria mainstream (compresa quella pubblicitaria) vienepercepita come "anomala". Ancor peggio quando una donna è colpevole di un reato.
Da una parte alcuni opinionisti fanno congetture sul compagno di Martina, definendola comeplagiata da un uomo narcisista e violento sulla base dell'idea che una donna sia incapace di pianificare un delitto. Altri la descrivono come cinica, sadica e promiscua.
Effettivamente per una donna, poiché infrange gli stereotipi femminili, significariceveredalla società edalla giustizia un trattamento più duro:identificatacome "donna dai facili costumi" o "cattiva mamma" e in base a questo tratto di personalità compirebbeun'azione o un crimine poiché priva di una moralità sessuale odi un istinto materno.
In poche parole sarebbe come un uomo, quindi la sua azione diviene doppiamente intollerabile.
Emerge il profilo che Cesare Lombroso ha dato alla criminalità femminile in un saggio scritto nel 1893 e intitolato "La donna delinquente, la prostituta e la donna normale". Egli sosteneva che la causa della minore criminalità femminile andava ricercata nell'istinto materno della donna e alla passività rispetto all'uomo.
Se la donna compiva un delitto, violando una norma considerata naturale, era ritenutadoppiamente deviante rispetto l'uomo poiché aveva infrantola sua "natura mite" connessa al suo "istintomaterno".
Dal saggio di Lombroso è passato più di un secolo ma le modalità di colpire doppiamente una donna criminale restanole stesse. Il trattamento controMartina non è mai stato posto a nessun uomo malgrado tantissime donne nel mondo subiscano le stesse violenze. Eppure, nessun uomo viene giudicato in base alla sua capacità di essere padre enemmeno la comunità si interessa della sua paternitào del suo comportamento sessuale, anche quando l'oggetto del loro crimine sono bambini o donne stuprate.
Alla rappresentazione dei crimini maschili percepiti come "raptus", dunque, si contrappone la percezione della donna criminalecome sadica, sessualmente libera e lucida.
Giudicata non solo come colei che hainfranto la legge ma come chi ha violatoun ruolo ascritto al genere donna. Un caso simile è quello di Amanda Knox, che sebbene non sia stata giudicata come madre in quanto non lo era, fudescritta comesessualmente promiscua. Descrizione mai fatta finora a nessuno stupratore.
Dunque, la decisione di togliere il figlio a Martina e i giudizi ricevuti dalla comunità sono frutto di quella incivile cultura maschilistache giudica un'imputata di un reato in base al suo sesso, ovvero prima come donna e mamma. In conclusione è assurdo reputare una persona che delinque come un cattivo genitore se il reato non ha coinvolto suo figlio.