Il manicheismo non mi piace, le parareligioni neppure e le chiese ancora meno. A distanza di una settimana dall’attacco unilaterale e gratuito di Marco Pannella nei confronti di Emma Bonino sono stati tanti, tantissimi gli illustri radicali compresi alcuni “storici”, che hanno fornito le loro versioni della vicenda. Chi scrive è partecipe delle cose radicali da poco meno di cinque anni per cui, per tante ragioni, appare inutile e ridondante sovrapporsi alle tesi condivisibili di Roberto Cicciomessere e soprattutto Gianfranco Spadaccia (nessuna patente radicale).
Marco vs Emma ma non solo
Qui non si tratta di stare con Marco o con Emma, troppo semplice sulla base dei deliri pannelliani emersi nel corso dell’ultima conversazione domenicale con Massimo Bordin. Quelle parole nelle quali si mettono in dubbio le capacità di Emma Bonino e finanche la sua lealtà nei confronti del Partito Radicale, non hanno bisogno di commenti ma non perché la Bonino sia una sorta di icona intoccabile, tutt’altro. È posizione non aliena a Torre Argentina quella secondo cui Emma Bonino e altri come Marco Cappato e lo stesso Riccardo Magi avessero potuto già da tempo (almeno due anni) imprimere una svolta politica a una galassia ormai esistente quasi solo sulla carta. Il continuo nicchiare e cercare compromessi hanno portato prima all’impasse e poi alla guerra fra bande che – dopo il delirio di Pannella – è destinata a esacerbarsi.
Cos’è il Partito Radicale?
Questo perché il Partito Radicale non è più quello che, nell’immaginario collettivo, si mobilita in strada per istanze universali e di facile comprensione per i cittadini, perfino quelli meno vicini al pensiero liberale in tutte le sue forme. No, questo compito semmai spetta ai sempre vituperati militanti di Radicali Italiani che, fin dai tempi della campagna “Cambiamo Noi” di staderiniana memoria, sono stati trattati come eretici e, adesso, a partire da Emma Bonino anche come “non radicali”.
Ma che significa secondo Pannella, oggi, essere radicale? Forse assecondare le tesi (nel senso universitario del termine) di Matteo Angioli e Laura Hart e una cervellotica battaglia per il diritto alla conoscenza? Come se “conoscere per deliberare” non fosse da sempre nel Dna di ogni singolo radicale per un assunto da declinare ogniqualvolta in base alla battaglia da portare avanti.
Oppure dirsi oggi radicale dovrebbe voler dire comportarsi da ventriloqui di Pannella per poi mostrare indifferenza o magari osteggiare Radicali Italiani e l’Associazione Luca Coscioni (per non parlare di altre più piccole che si “permettono” di proporre azione politica) solo perché rubano visibilità ai vecchi tromboni del Partito contrapponendo alla staticità e all’illegalità statutaria dei risultati tangibili come sulla Legge 40? È atteggiamento radicale quello di Angiolo Bandinelli che “rimprovera” l’economista Della Vedova di essersi dedicato alla legalizzazione di sostanze “adolescenziali”, con ciò rinnegando decenni di lotta antiproibizionista e perfino la verità su chi e quanti siano i consumatori, di ogni età, di cannabis?
Emma Bonino si è fatta da parte, divenendo una sorta di Greta Garbo della politica che sceglie dove e con chi apparire senza mai rinnegare la propria storia (poteva andare altrove) fatta di laicità e non certo di ammiccamenti clericali ed esegesi del pensiero di questo o quel cardinale. Una storia che, a questo punto, sembra avere rinnegato lei che, per la troppa fedeltà nei confronti della “Torre”, ci ha solo rimesso.