Più di una volta Marco Pannella ha affermato che ‘dove c’è strage di legalità, prima o poi c’è strage di vita e di vite’. Tesi che ha portato avanti a sostegno di popolazioni come Montagnard e Uiguri, perseguitate in Viet Nam e in Cina, come rispetto alle nostre carceri. Il passaggio più importante del Pannella ‘vate’ è quello in cui ideò la campagna Iraq Libero che, in un clima di guerra, si pose come strategia mediana fra chi voleva l’attacco e chi inneggiava alla pace a tutti i costi. L’esilio di Saddam, vagliato dalla Lega Araba con il re di Giordania pronto a fornirgli asilo prima che Gheddafi facesse saltare tutto.

Ciò poteva scongiurare un conflitto basato su menzogne, le stesse denunciate dal Partito Radicale e confermate dodici anni dopo da Tony Blair e dalla storia.

La storia presenta il conto

Nei giorni di Parigi può apparire anacronistico pensare al 2003 da cui, sebbene la storia non si faccia coi se e coi ma, discende però gran parte del dramma di oggi. L’illusione di esportare la democrazia senza che i suoi capisaldi siano rispettati perfino da quell’Occidente che si presenta come libero ma che ha avuto bisogno di Assange e Snowden affinché il re fosse messo a nudo. Quanto sta accadendo è figlio di politiche estere in cui non si capisce fino a che punto gli schieramenti siano dettati dalla geopolitica o da valori ‘non negoziabili’.

Dov’è la libertà nei ghetti e nei quartieri degradati delle città occidentali, anche quelle maggiori, da cui una nuova generazione radicale ritiene di voler ripartire per rilanciare idee di libertà? Dove saranno le libertà o ciò che ne è rimasto dopo anni di democrazie mutilate, quando lo stato d’emergenza sarà esteso a livelli fino a oggi inimmaginabili con la sospensione dei diritti a carico dei cittadini tutti?

Quale garanzia avranno i cittadini ‘liberi’ che quelle misure presentateci come temporanee, non finiscano per diventare i capisaldi di sistemi orwelliani da pochi preconizzati e da tutti gli altri derisi? Domande forse fuori tempo in un’Europa in preda alla paura e con una cittadinanza resa inerme da una storia che la sta travolgendo, dove i primi a pagare saranno i milioni di musulmani perbene che vivono in Francia e non solo.

Morti ‘comuni’ e non

A giustificare questi timori anche le nuove visioni ‘aggiornate’ di quanto accaduto a Charlie Hebdo o al mercato ebraico: ‘obiettivi sensibili gli ebrei’ mentre i giornalisti satirici in qualche modo ‘se la sarebbero cercata’. Non va dimenticato Papa Francesco che oggi reputa bestemmie le violenze in nome di Dio ma che a gennaio parlò solo di ‘schiaffo’ per chi aveva offeso. Ciò che sta sfuggendo è che le persone comuni non sono morte solo il 13 novembre, a meno che ebrei e giornalisti non siano meno ‘comuni’ di altri cittadini. Un valore non negoziabile dell’Occidente è la libertà d’informazione, inserita da Robert Dahl fra i capisaldi delle democrazie, ridotta a elemosina di notizie che le ragioni di stato concedono a un’opinione pubblica da manovrare.

Pannella parla di codificazione all’Onu del diritto umano alla conoscenza: una delle necessità che il mondo deve considerare, anche per evitare dietrologie su oscuri legami fra lo Stato Islamico e chi lo dovrebbe combattere, tra cui gli Usa, le cui ragioni di stato cozzano con quelle di Putin e della stessa Francia. Problemi per ora messi da parte al G20, prima della nuova guerra fredda con la speranza che la guerra mondiale ‘a pezzi’ non divenga qualcosa di peggio ma i sintomi ci sono tutti.