Ogni cittadino ha il diritto di richiedere un'equa riparazione per l'irragionevole durata di un processo, nei casi in cui abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale, in virtù della Legge Pinto (L. n. 89/2011). Sebbene in precedenza la richiesta dell'indennizzo era legata soltanto all'eccessiva durata del procedimento, laLegge di Stabilità 2016 ha introdotto notevoli modifiche. In particolare, viene previsto che non basta che il procedimento troppo lungo pregiudichi i diritti della parte, ma occorre esperire, previa inammissibilità della domanda, i provvedimenti preventivi di cui all’art.

1-ter della legge n. 89/2011.

Inoltre, è stata ridotta la somma di denaro fissata per il risarcimento, che non può essere superiore ad euro 800,00 per ogni anno. La Finanziaria cambia anche le modalità di proposizione della domandadi equa riparazione. Infatti, questa va presentata con ricorso al presidente della Corte d'Appello del distretto dove ha sede il giudice innanzi al quale si è svolto il primo grado del processo. La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito che si ha diritto al risarcimento previsto dalla legge Pinto, anche nei casi in cui il giudice fissa la prima udienza dopo 9 anni.

Il caso da cui trae origine la sentenza della Cassazione

Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici di legittimità riguarda il ricorso di un medico, il quale si era rivolto al TAR (Tribunale amministrativo) per far valere i suoi diritti, non essendo stato ammesso a partecipare ad una prova scritta per concorrere al posto di primario.

Il TAR gli aveva fissato la prima udienza a 9 anni di distanza dalla proposizione del ricorso. Il medico, ritenendo i tempi dell’udienza troppo lunghi, ha deciso quindi di proporre domanda di equa riparazione in base alla legge Pinto (89/2001) che la Corte d’Appello però non ha accolto.

I giudici dell’appello, infatti, hanno ritenuto che il medico non aveva subito un danno apprezzabile, tale da ammetterne il risarcimento per via dell'eccessiva lunghezza del procedimento.

Questo perché, nel momento in cui aveva presentato ricorso al TAR, era perfettamente consapevole di essersi rivolto ad un giudice sbagliato. Infatti, lo stesso TAR aveva dichiarato successivamente inammissibile il suo ricorso per difetto di giurisdizione. Il medico non si è rassegnato e ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione che gli ha dato ragione (Corte di Cassazione, sentenza n.47 del 5 gennaio 2016).

Presupposti per il diritto all’equa riparazione della Legge Pinto

La Corte di Cassazione ricorda infatti che, in tali casi, la verifica dei presupposti per il riconoscimento del risarcimento del danno non è mai legata all’esito favorevole o meno della causa . A detta dei giudici di legittimità, invece, l’indennizzo all’equa riparazione può essere negato solo in caso di lite temeraria, quando si propone un'azione legale con malafede o colpa grave, ossia con consapevolezza dell’infondatezza delle proprie pretese, o per prolungare il giudizio. La Suprema Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, al medico spetti il risarcimento del danno non patrimoniale. Questa tipologia di danno è una conseguenza normale, sebbene non automatica, che deriva dalla durata irragionevole del processo, per il quale non è necessario allegare specifiche prove, salvo in casi particolari. Per info di diritto premi il tasto segui.