Sono passati circa sessanta giorni dal “Referendum Trivelle” e l’Italia si appresta ad affrontare un secondo Referendum. Ad ottobre infatti gli italiani saranno chiamati a votare per approvare o respingere la riforma costituzionaleche porta il nome dell’attuale ministro Maria Elena Boschi. Torna dunque in auge il referendum, strumento democratico per antonomasia (seppur spesso disatteso). Ma è davvero cosa buona e giusta lasciare nelle mani dei cittadini degli oneri così importanti? Siamo sufficientemente conoscitori delle materie su cui la classe politica italiana ci chiede di porre un giudizio irrevocabile?

Referendum come strumento politico?

L’iter socio-mediatico intrapreso per il referendum sulle trivelle prima e su quello costituzionale poi pare chiaramente dirci di no. Entrambi i referendum sono stati ”avvelenati” dalla voglia di dare una lezione al renzismo, ponendo in un secondo piano le materie stesse, svuotandone dunque di qualsivoglia contenuto tecnico. Si vota quindi per “mandare a casa Renzi” o addirittura si vota “quello che il partito di riferimento dice di votare”. Capite bene che se a questi individui si addiziona un considerevole numero di persone che non sono andate a votare, per ignoranza sul tema o semplicemente per menefreghismo, il risultato è scoraggiante. Ad ogni votazione, sia essa per le politiche, o per le amministrative o per un referendum, i Media si interrogano sulle percentuali di affluenza, preoccupati di cali di partecipazione.

Personalmente più che della quantità, sono convinto che dovremmo preoccuparci della qualità dei voti.

Il voto di qualità

Un voto può definirsi di qualità quando è consapevole. Ma quante persone si recano al seggio davvero preparate e consapevoli di quello che stanno votando? Quante leggono i programmi elettorali? Quante provano ad informarsi sui candidati o le materie oggetto del voto?

Non è questione di cultura, sia ben inteso. Esistono persone laureae che non si curano minimamente della politica. In un momento storico dove “schifare” la politica va di moda la frase è sempre la stessa: puoi non curarti della Politica, ma la politica si curerà sempre di te. Bisogna avere il coraggio di cambiare, toccare uno dei dogmi sacri per le democrazie occidentali, il suffragio universale.

Trasformarlo in potenzialmente universale e istituire una carta di cittadinanza da conseguire dopo aver superato dei corsi di educazione civica. Sicuramente il rischio di sembrare impopolare sarà molto alto ma i referendum lo dimostrano, di troppa democrazia si muore.