Qualche mese fa si è diffusa via web, tramite i social network, una tendenza che si potrebbe definire piuttosto bislacca: le donne statunitensi hanno iniziato a tingere i peli delle proprie ascelle. Queste foto, a dire il vero, sono state prese e riutilizzate per corredare molti articoli di testate web, o più semplicemente immagini, che biasimavano la tendenza, annoverandola tra le mode discutibili che accompagnano ogni nuova generazione.

In effetti, gli studi lo dimostrano, tra le caratteristiche femminili vi è anche quella di generare bulbi piliferi fertili che non stazionano semplicemente sul monte di venere, ma che si espandono su gran parte della superficie della pelle

Contrariamente a quanto si possa pensare, la depilazione ha origini molto remote, che risalgono all'antichità: le donne egiziane, come le greche, usavano depilarsi con i metodi più astrusi perché, già all'epoca, il pelo veniva visto come un elemento impuro da eliminare.

Fu durante l'epoca rinascimentale che la depilazione subì nuovamente un rallentamento per diventare, nel secolo scorso, un vero e proprio "obbligo sociale" che, se non rispettato, porta allo scherno e al biasimo.

I metodi per estirpare i peli sono, a dire il vero, piuttosto dolorosi. Il rasoio è quello maggiormente innocuo ma, come tutti sanno, provoca una ricrescita veloce e fa in modo che il pelo si rafforzi ulteriormente. In alternativa c'è lo strappo, che va dal dolore lancinante ma istantaneo della ceretta, a quello più distribuito ma prolungato delle macchinette per estirparli (sempre che non si vogliano usare le pinzette, con un risultato di tortura facilmente immaginabile).

Tornando alle foto incriminate, che più volte sono state definite "il lato negativo dell'emancipazione femminile", davvero, come recita la gran parte degli articoli, è una moda da biasimare?

Ai tempi del burkini, della presenza islamica sui nostri media, del body-shaming e dello slut-shaming, tempi di social in cui frotte di persone si affannano per dire la propria opinione nei commenti di una foto o di un articolo di qualche testata web, stigmatizzando e condannando l'oppressione delle donne di altre culture per il fatto che sono costrette a coprirsi o ad essere sottomesse, ci si scandalizza ancora per due peli colorati?

Perché di questo si tratta.

Si tratta di una società che decide che una parte che cresce naturalmente sul corpo femminile venga continuamente strappata via perché volgare, rivoltante, non presentabile. E, mentre la religione si è perlomeno inventata motivi metafisici per giustificare la coercizione della donna, in questo caso dovrebbe trattarsi semplicemente di sottomissione alla moda, all'estetica dettata da una società che non transige.

E qui non si tratta di femminismo, parola che, passando di bocca in bocca ha perso il significato iniziale per diventare il nome che designa un certo tipo di polemica estremistica, eterogenea e nociva di cui il web è particolarmente affetto, si tratta di rivendicare una vita senza dita puntate addosso, una vita in cui gli uomini (ma anche molte donne, perfettamente integrate nel discorso) si rendano conto davvero che le donne sono nate con i peli, e che quindi demonizzarli è anacronistico, ottuso e moralistico. Una vita in cui le donne possano decidere di rasarsi come di tingersi i peli delle ascelle, esattamente come gli uomini decidono di mantenere la propria barba incolta o di farsi crescere i baffi, rendendola davvero una scelta estetica, e non un percorso obbligato per non essere giudicate.

Dunque si: c'è ancora bisogno che un gruppo di donne si tingano i peli delle ascelle. Ma non per moda (che anche fosse moda non ci sarebbe niente di male), per sensibilizzare, per abituare l'occhio alla vista di quei peli che tanto a lungo sono stati nascosti alla vista perché impuri, in quanto sono elemento posizionato da madre natura e non da qualche entità maligna e per dimostrare che, nel 2016, si dovrebbe essere libere di scegliere senza subire il biasimo della società.