Inevitabilmente, come in ogni elezione in Italia da due legislature, il Referendum Costituzionale del 4 dicembre punta i fari sul voto all’estero. È una questione che in un modo o nell’altro si pone in Italia da generazioni e in ogni caso qualsiasi soluzione creerà proteste di una parte della popolazione. Però, il quesito vero non è tanto sul diritto del voto o meno, ma una questione che non possiamo più rinviare sine die come abbiamo sempre fatto, quella della legge della cittadinanza, ius sanguinis o ius soli?

Cittadinanza

Nella situazione attuale con lo ius sanguinis nasce cittadino chi ha almeno un genitore italiano al momento della nascita.

Questo vuol dire che all’estero ci sono cittadini italiani di quarta o quinta generazione a causa di bisnonni morti cittadini italiani e abbiamo visto giocatori di calcio sfruttare questa legge per poter giocare nella nazionale. Allo stesso tempo chi nasce in Italia da genitori con regolare permesso di soggiorno non ha diritto alla cittadinanza e questo continuerà per almeno il prossimo futuro.

Paradossalmente molti degli oppositori allo ius soli che risolverebbe questa seconda situazione sono gli stessi politici che contestano il voto all’estero e i paradossi creati dallo ius sanguinis. Non è un problema banale e rischiamo, come la Germania, di creare intere categorie della popolazione che sono nel paese da generazioni senza il diritto alla cittadinanza nel loro paese di nascita.

Non esiste una soluzione perfetta, però deve essere risolta il più presto possibile. Altri paesi l’hanno affrontata in modi diversi.

In Australia la cittadinanza va a bambini nati nel paese dei genitori con il visto di residenza permanente e negli Stati Uniti sono cittadini americani persino bambini nati da genitori clandestini.

La Grecia concede la cittadinanza ai figli dei loro emigrati per sette generazioni. Poi ci sono paesi, come molti dell’Europa Orientale, che non riconoscono la rinuncia alla loro cittadinanza dagli emigrati che prendono la cittadinanza dei nuovi paesi di residenza.

Ognuna di queste soluzioni ha pregi e difetti, come può anche esistere all’estero un esempio consono alle esigenze italiane.

Il Parlamento italiano ha regolarmente discusso proposte di legge di vario genere che sempre si sono scontrate contro barriere di resistenza degli oppositori a ognuno di questi due tipi di legge. Tristemente, questi litigi hanno avuto l’effetto di rinviare sine die un problema che sta diventando urgente, non tanto per il voto dei regolari cittadini all’estero, ma per la presenza di grandi comunità straniere nel nostro paese che hanno l’intenzione di fare dell’Italia il loro paese, proprio come hanno fatto gli emigrati italiani per generazioni.

Italiani all'estero

È certamente ipocrita lodare gli italiani all’estero per aver mantenuto i loro contatti con la Patria, per poi negare questa opportunità a chi vi vuole fare casa qui.

Peggio ancora, gli esempi in Francia e altri paesi di figli di immigrati, in alcuni casi di seconda e terza generazione, radicalizzati a causa delle discriminazioni vere o percepite nel loro paese di nascita devono far capire che questo della cittadinanza non è un tema da poco conto, ma parte fondamentale dell’integrazione dei nuovi residenti nel nostro paese.

Come paese dobbiamo accettare le nostre responsabilità verso i cittadini, come anche i nuovi residenti nel nostro paese, e allo stesso modo loro devono accettare le nostre leggi. Però, dobbiamo riconoscere il fatto che ormai fanno parte non solo del nostro presente, ma che i loro figli e nipoti faranno parte anche del nostro futuro. Basta vedere la storia di paesi come l’Australia e gli Stati Uniti per capire questa verità che molti in Italia non vogliono riconoscere.

Spetta al Parlamento affrontare e risolvere questa situazione una volta per tutte.