Le elezioni sono diventate davvero imprevedibili di questi tempi. François Fillon ed Alain Juppé, durante il primo turno delle primarie di domenica scorsa hanno, contro tutte le aspettative, ingranato la marcia e staccato di netto Sarkozy, favorito del partito conservatore. A rigor di votazione, spetterà quindi ad uno dei due ex primi ministri lo scontro finale con la Le Pen per l’ambita poltrona da presidente di Francia. Sapremo chi avrà avuto la meglio sul suo avversario al termine dell’imminente consultazione elettorale, prevista questa domenica 27 novembre.

I due candidati hanno, dunque, una lunga settimana per darsi battaglia su chi riuscirà ad unire gli elettori francesi contro il pericolo rappresentato dall'estrema destra del Front National. Difatti, in un paese in cui la disoccupazione è ad altissimi livelli, l’economia tentenna e il terrorismo dilaga, la possibilità di una vittoria di Marie Le Pen è molto più che un brutto presentimento. Diventa perciò di vitale importanza per l’ala moderata del partito, scegliere un candidato adeguato su cui poter contare durante le non così lontane elezioni del 2017. In poche parole, questa è la concreta motivazione che ha portato all’introduzione delle primarie nel 2016: dare al centrodestra un candidato solido, con il massimo grado di consenso popolare.

La possibilità Fillon

Il risultato di domenica ha cambiato l’intero scenario della futura campagna elettorale. Con Sarkozy fuori combattimento, il favorito ora rimane Fillon; uno dei pochi politici che può vantare una buona reputazione come ex primo ministro del gabinetto presidenziale. L’insospettata vittoria di Donald Trump e l’esito del referendum inglese suggeriscono un avvicinamento delle masse a politiche populiste ed anti-establishment, di cui la Le Pen parrebbe la sintesi perfetta.

Il quesito da porsi a questo punto, però, è: siamo proprio sicuri che a scontrarsi con il Front National ci siano rappresentanti davvero moderati?

La partita tra Fillon e Juppé rimane aperta, anche se il 44% dei consensi ottenuti durante il primo turno di primarie dall’ex primo ministro di Sarkozy, lascia intendere una schiacciante e probabile vittoria.

Ligio ai valori cattolici e sostenitore di un’economia francese più liberale, Fillon, sessantadue anni, ha un programma economico che strizza l’occhio a Margaret Thatcher, un forte conservatorismo sociale simile al canadese Stephen Harper e una certa simpatia per le scelte diplomatiche di Putin. Questi tre fattori solleticano i palati degli elettori di destra in cerca di un’alternativa alla Le Pen.

La campagna elettorale dell’ex primo ministro si è fondata su un programma economico liberale e sui tradizionali valori cristiani. Come oppositore dei matrimoni gay, resi legali in Francia nel 2013, quest’ultimo ha dichiarato che non abrogherebbe la legge, bensì la riscriverebbe di modo da impedire alle coppie omosessuali di adottare, guadagnando, in questo modo, l’appoggio di una grossa fetta di elettorato.

Per quanto riguarda la questione siriana, ha espresso la sua ammirazione per il lavoro svolto dal presidente russo Vladimir Putin e, quando gli è stato chiesto quale sarà il rapporto della sua Francia con il presidente siriano Assad, ha risposto che contro lo Stato Islamico il governo deve collaborare con tutte le possibili forze, democratiche o non. Sul fonte dell’economia, poi, le politiche proposte da Fillon scuoterebbero non poco il sistema francese riluttante, invece, al cambiamento. La sua proposta è di alzare l’età pensionabile di tre anni (da 62 a 65), il numero di ore lavorative settimanali (da 35 a 39), e di tagliare la spesa pubblica di almeno 15 miliardi.

Con tali politiche sul piatto della bilancia, viene da chiedersi cosa ci sia di diverso fra la destra moderata e quella estrema, e a meno che il 28% guadagnato da Juppé non raddoppi la prossima settimana, sembrerebbe che i repubblicani francesi dovranno esprimere una preferenza tra populismo esplicito o implicito.