Mancano 3 giorni alla deadline di martedì 28 febbraio 2017, data in cui dovrebbe scattare la riforma del pubblico impiego, che prevede la possibilità di licenziamento entro trenta giorni degli assenteisti cronici, e ieri scoppia il caso dell'ospedale di Napoli, Loreto Mare, dove è emersa una gigantesca truffa nei confronti dello Stato legata a centinaia di casi di false presenze sul lavoro. Ne sono risultati coinvolti non solo stimati medici dell'ospedale, che a quanto viene riportato dalle cronache, presenta anche delle punte di eccellenza, ma soprattutto gli stessi membri dell'ufficio presenze e assenze, cioè coloro che avrebbero dovuto vigilare contro l'instaurarsi di tali comportamenti.
Per di più, siamo a Napoli, e nonostante i nostri concittadini siano delle persone straordinarie, generosi e solari, a livello internazionale purtroppo l'Italia non ci fa una bella figura. Sicuramente questa storia alimenterà il pregiudizio di molti, sia qui da noi che all'estero.
Non basta una legge a cambiare le persone
Alcuni dei soggetti coinvolti sono stati condannati ai domiciliari oltre che a prestare comunque servizio per poter garantire le prestazioni dovute da un ospedale di quella grandezza. Se però consideriamo che il procuratore aggiunto Alfonso D'Avino che coordina le indagini, come riportato da Il Fatto Quotidiano.it, ha dichiarato che "quasi tutti gli uffici e i reparti sono interessati", comprendiamo chiaramente la misura raggiunta da tale comportamento fraudolento.
L'art 640 del codice penale stabilisce che la pena massima per chi commette il reato di truffa nei confronti dello Stato o di un suo Ente è di 5 anni e prevede anche una multa massima di 1549€. Ora, anche aggiungendo l'aggravante della falsa attestazione di presenza, che, secondo quanto prevede il Decreto legislativo 30 marzo 2001 numero 165 all'art.
55 - quater, comma 3bis, come modificato, in ultimo, dal Decreto Legislativo 20 giugno 2016 numero 116, prevede la sospensione dal lavoro senza stipendio, si comprende bene che la forza deterrente di una tale norma è veramente esigua, considerando anche che il danno per lo Stato è stato stimato in 700 mila euro.
Tenendo anche in considerazione il fatto che, essendo in uno stato di diritto, devono essere tutelati i diritti di difesa e di un giusto processo delle persone coinvolte, capiamo che difficilmente soggetti abituati a tale condotta potranno veramente cambiare.
Sicuramente un inasprimento delle pene per i reati contro la pubblica amministrazione, soprattutto se legati e concomitanti a reati di carattere penale, sarebbe quanto meno auspicabile. Ma forse, per soggetti che percepiscono come valore soltanto il denaro, come quelli coinvolti in questa indagine, sarebbe certamente una pena molto più appropriata che espiassero la pena pagando con tutti i loro beni presenti e futuri e con il loro lavoro gratuito a favore della comunità statale, quindi, in questo caso i 700 mila euro.
Ma temiamo che, essendo in Italia, siamo nel campo dell'utopia, comunque la speranza è l'ultima a morire.