Ad 8 mesi dal voto nel Regno Unito sulla Brexit, cioè l'uscita della Gran Bretagna dall' Unione Europea, cominciano a farsi sentire i contraccolpi economici di questa scelta. Anche se il livello di disoccupazione è bassissimo, dalle ultime analisi economiche circolate in questi giorni risulta che gli inglesi ne hanno beneficiato ben poco. Infatti l'aumento maggiore si è avuto nella quota di lavoratori stranieri sia immigrati, che nati in Inghilterra.
Per di più, sembra che ci sia, soprattutto per i lavoratori britannici, una grossa difficoltà a trovare lavori ben retribuiti o a tempo pieno.
Anche le aziende si stanno adattando a questo nuovo scenario aumentando i prezzi e abbassando i salari.
E stiamo parlando di una Nazione che non è mai entrata nella moneta unica e per di più l' uscita formale dall' Unione Europea, di fatto, non è avvenuta ancora.
Diverso, invece, è il caso della Francia, molto più vicina a noi tradizionalmente, ma anch'essa con una società multietnica e multiculturale. Qui il sentimento nazionale ferito, sia letteralmente dai molti attacchi terroristici, sia più metaforicamente dalla grave crisi economica, che ancora, nonostante tutti i Quantitative Easing di Mario Draghi, attanaglia l' Europa, ha portato molti cittadini francesi a considerare gli immigrati legali ed illegali dei nemici.
Nemici che tolgono ai francesi il pane e il lavoro.
Ed ecco che, questa rabbia, non del tutto ingiustificata, ha radicalizzato le posizioni e spinto milioni di francesi a vedere di buon occhio un'uscita della Francia dalla moneta unica europea, la cosiddetta Frexit, caldeggiata dai sostenitori del Front National di Marine le Pen, con tutte le conseguenze del caso, come l'uscita da Schengen e il ripristino dei confini nazionali.
Il problema è che la Francia, a differenza della Gran Bretagna, è entrata a pieno titolo nell'euro, e rappresenta la seconda economia più grande d'd'Europa, dopo la Germania.
Inoltre, la Francia, sia per cultura che per modello economico, è paragonabile all'Italia, ed un eventuale sua uscita dall'Europa darebbe la stura a chi in Italia vorrebbe fare lo stesso.
Nessuno pero' può dire cosa accadrebbe realmente con la disgregazione dell'Euro.
La verità è che l'Euro, sin dall'origine, è nato zoppo. Lo si comprende dalla fissazione dei cambi, fatti a suo tempo con le vecchie monete nazionali. Tali cambi, un marco uguale ad un euro o 1936,27 lire per un euro, per esempio, erano solo e soltanto la riproposizione in chiave numerica della forza relativa delle varie economie all'interno dell'Europa e nient'altro.
Manca ed è mancata fino ad ora una vera visione comune di Europa e tanto meno un sentire comune. Questo perché le stesse istituzioni europee sono percepite come lontane dal cittadino comune.
D'altra parte, come dice Mario Draghi, l'Euro è irreversibile.
Inoltre la situazione attuale delle economie dei 27 è tanto diversa da 20 anni fa, e i problemi sorti, talmente complessi, che un mero ritorno al passato non garantisce nessun vero progresso verso il futuro, anzi potremmo ritrovarci con il più grande mercato mondiale, l'Europa appunto, nelle stesse condizioni della Repubblica di Weimar prima dell'avvento del Nazionalsocialismo.
È forse meglio, e più giusto, cercare di riequilibrare il concetto di integrazione, in questo momento eccessivamente sbilanciato a favore degli immigrati extracomunitari, verso i popoli europei, senza giungere a derive xenofobe, che a lungo andare non fanno che erodere i rapporti fra le persone, nonché i rapporti economici e gli scambi culturali, che sono alla base di ogni tipo di crescita.