Nessuno "è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi." Inizia così la lettera con la quale Michele, il giovane ragazzo suicida di Udine, lascia il mondo dal quale si sente tradito. Questa prima frase è già una critica ad una società che vuole omologare tutti secondo criteri oggettivi, soffocando e reprimendo spesso le particolarità di ognuno.

E' una lettera ragionata quella di Michele, non impulsiva, frutto delle riflessioni di un ragazzo "normale", intelligente oserei dire pur non conoscendolo, e che le ha provate tutte pur di farcela, al punto di arrivare addirittura a provare "a fare del malessere un'arte".

Ma niente!

Sono parole di chi ha voglia di libertà, come scrive in un passaggio "penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi", ma il suo modo di ricordarlo è quello più disperato, estremo, quello di uscire di scena. Ricorrere al gesto più estremo per dimostrare che la libertà non potrà mai essere tolta fino in fondo. Quella libertà, o libertà mancata, che richiede un certo grado di autonomia, quell'autonomia che dovrebbe essere data dal Lavoro. Ma purtroppo di lavoro si muore ogni giorno, e si muore anche di mancanza di lavoro.

Di quest'ultima condizione c'e prima di tutto la morte spirituale, intesa come il venir meno di quel complesso di motivi che delineano una concezione o una visione della vita, condizione che tocca molti giovani d'oggi.

La morte spirituale è quando il mondo è percepito come "privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento e privo ormai anche di prospettive", per usare le parole di Michele. Non si può quindi "passare la vita a combattere solo per sopravvivere", la vita è fatta per vivere non per sopravvivere. Michele ci lascia un monito "Il futuro sarà un disastro" al quale prosegue "non voglio assistere, e nemmeno partecipare" ma anche un messaggio di augurio per chi resta a combattere: "Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo".

Caro Michele, oltre all'età e quindi l'appartenenza alla stessa generazione disperata di coloro che hanno ricevuto un mondo in rovina da coloro i quali ancora persistono spudoratamente nei posti di potere, come il ministro Poletti a cui ti rivolgi ringraziandolo perchè "lui sì che ci valorizza a noi stronzi!", ci accomuna il fatto che entrambi ci definiamo anti-conformisti, e da anti-conformista, ti lascio con una critica amichevole anche se, purtroppo, non mi potrai rispondere.

Sono d'accordo sul fatto che non si possa passare la vita a combattere solo per sopravvivere ma appunto, aggiungo io, per vivere. E per questo anche io non voglio assistere al futuro, il solo assistere porterebbe al disastro di cui tu parli, ma scelgo invece di partecipare al futuro nella speranza di smentire la tua predizione. Ti ringrazio quindi per il tuo augurio di buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo e ti ringrazio per queste parole di riflessione che ci hai voluto lasciare. Ti auguro buon viaggio!