Cara amata, “vecchia” Europa. Non a caso scelgo questo momento per parlarti a cuore aperto. Come ben saprai, siamo alla vigilia di un anniversario davvero importante per Te e per tutti noi europei: 60 anni fa, e precisamente il 25 marzo del 1957, la firma dei Trattati di Roma sanciva la costituzione della Comunità europea. Lo straordinario “sogno ad occhi ben aperti” concepito nel 1941, in piena barbarie, da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, intellettuali antifascisti al confino nell'isola di Ventotene, sogno messo nero su bianco nel loro omonimo, splendido Manifesto (che li qualifica a pieno titolo come i padri fondatori dell'Europa Unita), cominciava così, finalmente, ad incarnarsi.

Lo saprai meglio di me. Opera fondamentale nell'ambito della politica e dei rapporti tra Stati, il Manifesto di Ventotene individuava senza indugi nella questione della “giustizia sociale universalmente diffusa” «la» questione assolutamente centrale posta alla radice dei temi basilari della pace e dell'ordine internazionale. In altri termini, ciò che in essa si prospettava con cura, quasi in dettaglio, era una radicale riforma delle società in senso pienamente «socialista». Ma Tu, io ed altri 'spiriti critici' sappiamo anche benissimo che a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, con l'«esogena svolta neoliberista» (un 'pensiero unico' importato d'oltreoceano), quel sogno non solo è cominciato a naufragare, ma si è trasformato via via in un terrificante 'incubo economicista'.

Per dirne una, il «credito bancario», da strumento 'economico classico' inventato a Siena e dintorni per favorire l'equilibrato sviluppo di Stati, imprese e famiglie, 'magicamente trasmutato' in «debito pubblico», è presto divenuto un micidiale nodo scorsoio stretto attorno al collo di Stati, imprese e famiglie.

#Europa di Ventotene

Certo, è indubbio che le classi dirigenti nostrane ci abbiano messo del loro. Basta ricordare i principi basilari di una «libera Federazione Europea», mirabilmente riassunti da Enrico Colorni (altro padre fondatore) nella Prefazione (1944) al Manifesto: “Esercito unico federale, unità monetaria, abolizione delle barriere doganali e delle limitazioni all'emigrazione tra gli stati appartenenti alla Federazione, rappresentanza diretta dei cittadini ai consessi federali, politica estera unica” (Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, Il Manifesto di Ventotene, Mondadori, Milano 2006, p.

9).

Ebbene, non Ti senti a tutt'oggi 'alquanto carente ed incompiuta', mia cara Europa? Ma ascolta, c'è dell'altro, ed è forse ancor più decisivo. In un passaggio davvero fondamentale, e di un'attualità sorprendente, subito dopo aver tessuto l'elogio delle potenzialità quasi illimitate della tecnica moderna di produrre in massa generi di prima necessità, ciò che permette di assicurare a tutti, con costi sociali relativamente bassi, vitto, alloggio e vestiario, ossia il “minimo di conforto necessario per conservare il senso della dignità umana”, i padri fondatori puntualizzano: “La solidarietà umana verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica non dovrà, perciò, manifestarsi con le forme caritative sempre avvilenti e produttrici degli stessi mali alle cui conseguenze cercano di riparare, ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non possano lavorare, un tenore di vita decente, senza ridurre lo stimolo al lavoro e al risparmio.

Così nessuno sarà più costretto dalla miseria ad accettare contratti di lavoro iugulatori” (Ibidem, op. cit., pp. 32-33, stl. ns). Ora: possiamo anche comprendere che ai Tuoi 'figli degeneri' il concetto di «socialismo» proprio non vada giù. D'accordo. Che ne dici allora di «Neo-Umanesimo»?

Tanti auguri, amata «Europa di Ventotene», sempre ben viva nel mio cuore. E un sentito, affettuoso abbraccio.