In un conciso intervento apparso su “Alganews” di oggi, nel giorno della presentazione della richiesta ufficiale della Gran Bretagna di uscire dall’Europa, Ritanna Armeni respinge recisamente la grande agitazione di molti analisti circa le ricadute economiche della Brexit e, con tranquillo realismo, osserva: “Business is business, ci saranno trattative così come ci sono fra gli stati dell’Unione e vincerà chi è più forte. Esattamente come finora è avvenuto nell’Unione europea. Grande invece il valore simbolico e politico. L’Europa non è più attraente.

Chi può si sgancia. Ecco, questo non finirà qui”.

Perfetto. È proprio partendo di qui che vorremmo svolgere alcune riflessioni. Intanto, v'è da dire che il braccio di ferro 'economico' con l'Unione Europea la Gran Bretagna lo ha cominciato fin dalla sua adesione alla CEE (gennaio 1973; ma non aveva affatto firmato i Trattati di Roma del 1957, or ora celebrati!), ed ha continuato a portarlo avanti, seppur in modo ambivalente (emblematiche le posizioni della Thatcher, dapprima filoeuropeista, poi decisamente ostile), fino a ieri.

In ogni caso, oltre ad aver sempre rivendicato e ottenuto svariate 'concessioni' e deroghe ai vari trattati, il Regno Unito non ha mai adottato l'euro (da notare che sono 7 gli stati che utilizzano una valuta nazionale differente dall’euro: solo la Danimarca ha una deroga ai protocolli del Trattato di Maastricht, mentre Bulgaria, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Ungheria, avendo difficoltà economiche, non hanno potuto ancora adeguarsi ai parametri di Maastricht).

Inoltre, va sottolineato che la Gran Bretagna, negli anni trascorsi in zona euro, ha continuato a rappresentare un discreto 'paradiso' per società e aziende propense non solo all'evasione ed elusione fiscale, ma altresì alla smaccata strutturazione di 'fondi neri' (vedi le splendide, accurate inchieste di “Report”, conduzione Gabanelli), anche se va precisato che in ciò essa è sempre stata in buona compagnia (un caso per tutti, particolarmente urticante: il Lussemburgo di Jean-Claude Juncker).

Infine, last but not least, non va dimenticato il suo efficace ruolo di 'cavallo di Troia' nell'introdurre e diffondere l'«ideologia neoliberista» sul nostro continente.

La questione Geopolitica

Se quanto fin qui rilevato sarebbe già sufficiente a non rimpiangere affatto la 'presenza/assenza' del Regno Unito in Europa, un ulteriore, cruciale aspetto dovrebbe indurci addirittura a tirare un salutare respiro di sollievo: la questione geopolitica.

Sotto questo profilo la Gran Bretagna, come noto da sempre altera e gelosa del proprio 'magnifico isolamento geografico', nonché orgogliosa del proprio 'glorioso passato colonialista' (come rimuovere, fra l'altro, il Medio Oriente ridisegnato col 'righello'?) si è spesso rivelata una vera e propria spina nel fianco dell'Europa Unita, specie negli ultimi decenni. Presto surclassata nella propria 'vocazione imperialista' dalla poderosa corazzata USA, essa non ha mai mancato di prostrarsi al 'Washington Consensus', correndo trafelata e senza indugi in 'fedele appoggio' a tutte le più o meno deliranti crociate scatenate per il mondo dalla (invidiata?) 'sorella maggiore elettiva'.

Così, oggi ci ritroviamo alle nostre porte un Medio Oriente tragicamente destabilizzato, con conseguente flusso interminabile di disperati profughi alle nostre frontiere, e ciò proprio mentre oltreoceano un faccendiere miliardario, agguantato il potere supremo, mette in campo una 'bassa politica' (a cominciare da pesanti dazi) tendente manifestamente a sgretolare ulteriormente un'Europa che procede come non mai in ordine sparso, ben sapendo che di 27 'Paeselli sovranisti' si potrà fare, in un attimo, un sol boccone!