La morte dell'umanità
L'attacco mediante l'utilizzo di armi chimiche scagliato da Assad contro la zona di Idlib, nella parte settentrionale della Siria, ha posto sotto i nostri occhi le immagini terribili di tantissimi bambini in fin di vita perché intossicati dal gas "sarin", un derivato del gas nervino che colpisce il sistema nervoso. Ancora una volta ci troviamo di fronte al difficile rapporto tra uomo e tecnica: ciò che dovrebbe determinare crescita e progresso, viene poi utilizzato in maniera spropositata, provocando la distruzione dell'uomo stesso.
Ma l'umanità, che è una, è stata dichiarata morta più di una volta: rari sono ormai i casi in cui restituiamo a questo termine il suo significato latino di "interesse per l'uomo in quanto uomo", ossia attenzione per l'altro nel rispetto della sua diversità. Forse l'umanità avrebbe dovuto dominare sull'uso della tecnica per evitarne la degenerazione o forse sarebbe dovuta intervenire prima di guardare la morte con gli occhi e rispondere con altrettanta violenza, sorpassando la linea rossa che aveva permesso, nell'amministrazione Obama, un dialogo tra uomini. Le armi chimiche hanno rivoluzionato l'ordine mediorientale: i ribelli chiedono a gran voce l'ammissione di responsabilità da parte di Damasco, ma il governo continua negare e i due più importanti giocatori esterni, USA e Russia danno il via ad un'accelerazione concordata contro la Siria.
Il ruolo della comunità internazionale
L'utilizzo delle armi chimiche in contesti di guerra è stato sanzionato per la prima volta nel 1928 con il Protocollo di Ginevra, ma tale divieto fu di lì a poco trasgredito da Mussolini in Etiopia e dal Giappone contro la Cina.
E' stata però la Convenzione di Parigi del 1993 a determinare la distruzione del 90% dell'arsenale chimico, sebbene alcuni paesi, tra cui Egitto, Corea del Nord e (dulcis in fundo!) Siria, non vi hanno aderito. Lo spettro delle armi chimiche è poi tornato in Iraq durante il conflitto scoppiato nel 2003: qui fu utilizzato il gas nervino contro la popolazione civile e non solo.
L'ONU intervenne parlando di crimini contro l'umanità e sollecitando la presa di posizione delle potenze occidentali ed europee. Dunque qual è il ruolo della comunità internazionale? Punire e condannare? Sentirsi partecipe di una situazione "in bilico" solo grazie ad immagini pubblicate sui social network? Ci auguriamo che si possa mettere fine a questa carneficina ripartendo dall'interno e rimettendo al centro l'uomo in quanto "animale politico".