Se i protagonisti principali della crisi del Golfo fossero dei personaggi fantastici di Agata Christie, potremmo immaginarli seduti a un tavolo mentre cenano e conversano piacevolmente, finché tutto a un tratto la cena non viene interrotta da una “voce” che elenca una serie di attentati terroristici di matrice islamica, avvenuti in America, Europa, Africa e Asia. La convivialità del momento viene intaccata dalla rabbia e il sospetto, così da indurre i convitati ad accusarsi l’un l’altro e improvvisare degli alibi poco convincenti. Se tutto questo fosse la finzione di un romanzo della letteratura gialla, sarebbe persino entusiasmante e coinvolgente; sfortunatamente, parliamo di una trama verosimile con personaggi tragicamente veri.
L'ipocrisia intorno al Qatar
In queste ultime settimane, le pagine di politica estera sono occupate dall’escalation diplomatica che coinvolge le monarchie del Golfo Persico e il Qatar. La causa scatenante è l’accusa saudita (sostenuta da Donald Trump) rivolta al Qatar, in merito alla sua presunta “attività finanziatrice del terrorismo islamico”. È noto, infatti, il sostegno del Qatar ai Fratelli Musulmani in Egitto e ad Hamas in Palestina, tacciati come “organizzazioni terroristiche” dalle parti accusanti che in questi giorni stanno isolando il piccolo emirato; a questa accusa, si aggiunge la non ostilità del Qatar nei confronti dell’Iran dovuta alla condivisione di un ricco bacino di gas naturale (il giacimento South Pars).
A sostegno del Qatar, non solo l’intervento verbale del presidente turco, Rece Tayyp Erdogan, che ritiene l’isolamento dell’emirato “né umana, né islamica”, ma anche l’intervento umanitario dell’Iran che sta provvedendo al rifornimento di beni di prima necessità al suo partner economico. Le accuse dell’Arabia Saudita, insieme a quelle dell’amministrazione Trump, suonano fortemente contraddittorie in virtù dei seguenti fatti storici e contemporanei: il wahabismo è non solo la dottrina ufficiale dell’Arabia Saudita, ma anche il pilastro ideologico del movimento paramilitare di matrice sunnita-islamica, Al-Qaeda, fondata dal saudita Osama Bin Laden negli anni’80 e che, grazie ai generosi finanziamenti di Arabia Saudita e USA (con la mediazione dell’intelligence pakistana), sostenne militarmente la resistenza mujaheddin-talebana durante l’invasione sovietica in Afghanistan.
Anni dopo la sua fondazione, Al-Qaeda venne riconosciuta come “organizzazione terroristica internazionale” poiché responsabile di numerosi attentati, tra cui l’attentato dell’11 settembre 2001; nonostante la condanna delle Nazioni Unite, nel 2008 Hillary Clinton, in veste di Segretario di Stato durante la prima amministrazione Obama, asserì che «l’Arabia Saudita resta una base fondamentale per il sostegno finanziario di Al-Qaeda, talebani e altri gruppi terroristici».
Dal 2014, Al-Qaeda è stata mediaticamente rimpiazzata dall’ISIS, nata da una costola della stessa Al-Qaeda. Tuttavia, per quanto entrambe le organizzazioni terroristiche possano sembrare simili, le loro ragioni sono differenti tant’è che, nell’attuale guerra in Siria, lo Stato Islamico e Fronte al-Nusra, quale rappresentante di Al Qaeda in territorio siriano, sono avversari.
Per chi non conoscesse il Fronte al-Nusra, è solo una delle tante forze antigovernative che operano in Siria e che mirano alla deposizione del presidente Bashar al-Assad; tuttavia, al-Nusra ha il vantaggio di essere un partner economico-militare di Arabia Saudita e USA, così come sostiene un suo comandante, Abu al-Iz, al giornalista tedesco Jurgen Todenhofer.
In verità, i rapporti con i terroristi si rivelano più intricati e controversi, se analizzati nelle singole regioni mediorientali: per esempio, se l’Arabia Saudita sostiene al-Nusra in Siria, contemporaneamente combatte Ansar al-Shari’a in Yemen; oppure Israele che, nei territori palestinesi, sostiene Al-Qaeda nella lotta contro il nemico comune, Hamas (secondo la testimonianza del comandante Abu al-Iz).
Continuano gli attentati
Alla luce di questi fatti, si potrebbe sostenere che i sedicenti nemici del terrorismo islamico si riscoprono essere (direttamente o indirettamente) corresponsabili in egual misura e, mentre inveiscono l’un l’altro, la “voce” continua il suo elenco: "Gerusalemme 16/06/2017”….