Daraa, città meridionale della Siria controllata dal 2014 dalla fazione ribelle anti-Assad “Shoutern Front” e “culla della rivoluzione” iniziata in Siria nel marzo 2011, è stata riconquistata dall'esercito governativo siriano il 12 luglio 2018. Dopo il successo militare, nonché morale, del regime di Bashar al-Assad, ora il fronte dell'esercito regolare siriano si intensifica a nord-ovest, precisamente verso la città di Idlib, ultima roccaforte siriana dello Stato Islamico, nonché bacino militare di altre fazioni antigovernative, alcune delle quali si presumono essere vicine ad al-Nusra (al-Qaeda); anche la marina e l'aviazione russa, insieme alle milizie di terra iraniane, garantiscono il loro impegno al fianco dell'esercito siriano.

La nuova campagna militare promossa da Siria, Russia e Iran ha già destato preoccupazione da parte del presidente Recep Erdogan che, non solo rammenta la presenza di militari turchi intorno Idlib, ma esorta la fazione a trazione siriana a evitare una escalation tale da provocare una nuova catastrofe umanitaria pari a quella già avvenuta ad Aleppo.

Le preoccupazioni dell'ONU. L'Occidente resta a guardare.

A rafforzare le parole del presidente Erdogan si aggiungono quelle dell'inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura, che non solo prevede e condanna un concreto pericolo del ritorno all'uso di armi chimiche contro i civili, ma avverte come la riconquista di Idlib può compromettere l'incolumità di 3 milioni di civili ed il conseguente sfollamento di centinaia di migliaia di civili (si stimano circa 700 mila) ai quali andrebbero al più presto garantiti dei corridori umanitari.

Nei prossimi giorni, se non mesi, dunque si scriverà un nuovo capitolo, se non un tragico epilogo, della tragica primavera siriana che da ormai sette anni insozza di sangue e semina morte in Siria e sospinge un sempre più elevato numero di rifugiati verso un'Europa impreparata, per non dire indifferente, agli orrori di quella parte di mondo che senza alcuna tregua subisce la crudeltà della storia.

Che si tratti di incapacità o di indifferenza, è certo che in queste ore l'Occidente sembra aver accolto l'invito del Ministro degli Esteri russo,Sergej Lavrov, a non intervenire per evitare “giochi geopolitici egoisti e controproducenti” degli USA e scongiurare quelle che ha definito “conseguenze imprevedibili”.