Sono ore di entusiasta concitazione nei palazzi del potere romano, dove i maggiori partiti politici hanno trovato un accordo sulla nuova legge elettorale e tentano di stringere al massimo i tempi per la sua rapida approvazione. PD, FI, M5S e Lega, infatti, parrebbero essersi accordati sul modello tedesco. L'inatteso colpo d'acceleratore sul tema della riforma elettorale apre le porte ad elezioni anticipate in autunno e rende inquieto il governo Gentiloni e i piccoli partiti che compongono la maggioranza. Questi sono chiaramente indisponibili ad approvare la proposta modellata sulla legge elettorale tedesca per via della soglia di sbarramento che prevedibilmente li escluderà dal prendere parte alla prossima legislatura.

Presto gli Italiani potrebbero, dunque, essere chiamati ad eleggere i loro deputati e senatori per metà nell'ambito di collegi uninominali e per la restante metà in piccole o medio-piccole circoscrizioni in cui la distribuzione dei seggi seguirà il metodo proporzionale. Tutti contenti, quindi, che si vada al voto presto con una formula elettorale di grande prestigio e che da decenni garantisce stabilità ai governi tedeschi.

Quanti parlamentari saranno effettivamente scelti dagli elettori?

Non è molto difficile capire che deputati e senatori saranno approvati dagli elettori, piuttosto che da questi effettivamente scelti e votati. Il tutto con buona pace dei buoni propositi lungamente ripetuti da un po' tutti i leader politici in questi ultimi mesi, specie dopo la sentenza della Consulta che cassato l'Italicum.

Il sistema che le camere proveranno ad approvare sarà comunque una rivisitazione di quello tedesco e non la sua integrale adozione. Diversamente che in Germania, il tedeschellum non dovrebbe consentire all'elettore il voto disgiunto tra il candidato nel collegio uninominale e la lista di partito (che corre per la quota proporzionale), poiché si prevede che il voto di lista si estenda al candidato nella quota uninominale e che, viceversa, il voto per quest'ultimo si estenda alla lista del suo stesso partito.

Chi sceglierà i candidati da eleggere?

Chiarito che non è ammesso voto di preferenza tra i candidati della lista e che costoro, se eletti, lo saranno in ragione del 50% di ciascuna camera per decisione del partito che li ha candidati e disposti in lista nell'ordine preferito, va sottolineato che anche sul rimanente 50% eletto nella quota maggioritaria l'elettore non avrà avuto alcuna sostanziale facoltà di scelta, giacché non egli non può che mettere una X sul nome della persona selezionata e candidata dal partito.

Ciascun partito sceglierà, secondo le proprie regole, il candidato che gli elettori dovranno votare nel collegio uninominale e l'ordine di elezione nell'ambito della quota proporzionale, mentre l'elettore sarà semplicemente chiamato a ratificarne le scelte.

L'assenza del doppio voto - uno per la quota maggioritaria e l'altro per quella proporzionale - piuttosto che incoraggiare il ritorno al bipolarismo e le coalizioni (le quali, addirittura, parrebbero espressamente vietate) può far sorgere legittimamente il dubbio che non sia più utile l'adozione delle sole circoscrizioni proporzionali con lo sbarramento al 5%; ma, evidentemente, l'illusione esterofila che copiare gli stranieri sia sufficiente a farci diventare come loro e, forse, anche migliori, sta coprendo gli occhi dei nostri politici.

Oppure, l'illusione è nel pensare di potere stravincere nella quota maggioritaria e sommare i seggi ottenuti nelle due quote in modo che l'esito del voto non sia infine proporzionale. Oppure ancora (e purtroppo) si potrebbe trattare di voler dare al cittadino italiano l'illusione di potere ancora scegliere chi mandare in parlamento.