Giovedì sera, Luigi Di Maio si è affacciato al balcone di Palazzo Chigi a Roma: la storia d'Italia ci ha già regalato scene del genere, ma è la prima volta che la politica esulta cercando il bagno di folla, per una nota di aggiornamento del Def del quale in realtà si conosce poco o nulla, che non siano le intenzioni dichiarate nelle settimane precedenti, ma che ad oggi attende la stesura e la pubblicazione. Ma tanto è bastato, per chi decide come investire i propri soldi, per lanciare un duro monito al nostro Paese.

Cosa prevede il Def

Non è assolutamente chiaro cosa, nel concreto prevede questa nota di aggiornamento del Def anche se i punti qualificanti dovrebbero essere quelli ormai noti, della riforma fiscale, della quota 100 per le pensioni e del reddito di cittadinanza in primis.

Come si intendano reperire le risorse necessarie a coprire tali provvedimenti, non definiti nella loro entità (per esempio, nessuno ha capito se il reddito di cittadinanza comprenderà tutti i disoccupati o solo quelli in povertà assoluta, per assenza di un qualsiasi reddito familiare), non è ben chiaro anche se, una certezza c'è: il rapporto deficit/pil che Conte si era impegnato formalmente a mantenere allo 0.8% quest'anno, andrà al 2.4% per i prossimi 3 anni e, in definitiva, si intuisce che il maggior deficit sarà la copertura per i provvedimenti che il governo andrà a prendere. Dunque nessun taglio di spesa con aggiunta di un condono fiscale entro un limite non ancora definito. A questo proposito vale la pena ricordare che tale condono, che Salvini chiama "pace fiscale", è una tantum e quindi, il sospetto che il rapporto del 2,4% sia destinato a lievitare già nel 2019 non appare infondato.

La reazione dei mercati

Pur nell'incertezza di un provvedimento che, dovrà poi passare dal parlamento, pare che i mercati si siano fatti subito un'idea chiara: agli investitori non è piaciuta questa "abolizione della povertà" per decreto e venerdì è stato un bagno di sangue per la borsa italiana, con un marcato sell off sui titoli bancari che ha sfiorato il panico, con Intesa e Unicredit, che inizialmente non riuscivano nemmeno a fare il prezzo e Ubi Banca sospesa per eccesso di ribasso.

Intanto lo spread apriva con un netto salto in alto di ben 40 punti rispetto alla chiusura del giorno prima. La salità è continuata per tutto il giorno sino a sfiorare i 290 punti base di differenziale sui Bund tedeschi, per poi chiudere intorno ai 270 punti. La borsa italiana ha chiuso con un calo del 4%. La sensazione è che molto dipenderà adesso da come verrà riempita questa nota di aggiornamento del Def e che fino ad allora l'Italia resterà sotto pressione da parte dei mercati.

Inoltre, non dimentichiamoci che a fine mese si attendono gli aggiornamenti sul rating del debito pubblico italiano da parte delle principali agenzie.

Il problema del rating

In effetti il rating è per noi un tasto molto sensibile: i nostri titoli pubblici si trovano in questo momento ad un livello un gradino sopra a quello classificato come "spazzatura". Un nuovo declassamento, che potrebbe arrivare in conseguenza dello sfondamento dei parametri deficit/pil, chiuderebbe le porte al collocamento dei titoli pubblici italiani presso tutti i principali fondi d'investimento, che per statuto, non possono investire in titoli sotto un certo rating e, renderebbe più costoso, per le nostre banche, il rifornimento di liquidità erogato dalla Bce agli istituti bancari, per la normale attività di erogazione di mutui e finanziamenti di credito al consumo.

La reazione europea e il calo dell'euro

Dal punto di vista comunitario, ovviamente non si vede favorevolmente questo nuova, possibile, esplosione del debito pubblico italiano, ma al momento prevale la cautela, con i toni che restano bassi in attesa di andare a breve, a leggere le carte del governo italiano. Quello che è prevedibile è che, se le intenzioni sul deficit del governo gialloverde saranno confermate, vedremo rispedito al mittente il Def con una richiesta di correzione. Appare quindi profilarsi uno scontro tra Italia ed Ue dagli esiti imprevedibili. Intanto se l'Europa si limita a mormorare, la moneta parla: l'euro, fallitta la rottura di 1.18 sul dollaro è sceso velocemente sino ad 1.16 a ulteriore conferma dello strisciante timore legato agli esiti italiani.

Di Maio e la Francia: 'Anche loro sfondano' ma non è la stessa cosa

Interessante nota a margine è l'evento che ha preceduto la riunione del Def, il quale, probabilmente ha dato il là ai leader gialloverdi per rompere gli indugi e costringere il riottoso Tria a cedere sul rapporto deficit/pil, che egli intendeva tenere entro l'1,6%. In settimana Macron, aveva annunciato lo sforamento al 2,8% del rapporto deficit/pil e questo fatto è stato subito utilizzato da Di Maio in chiave Def per giustificare le sue richieste, insieme a Salvini, di sforamento per l'Italia. Ma le due cose non sono uguali. Infatti mentre il debito pubblico italiano vale il 130% del Pil, quello francese è fermo al 98,7% (poco sopra la media europea).

Inoltre la loro manovra è interamente finalizzata al taglio delle tasse per le imprese (19 miliardi) e le famiglie (6 miliardi). Come si vede le differenze con l'Italia sono vistose, e vanno da un debito decisamente più basso all'idea di favorire sopratutto chi la ricchezza e il lavoro lo crea, cioè l'impresa privata, a differenza dell'Italia dove l'impostazione è prevalentemente legata a spese di tipo assistenzialistico. Ecco perchè loro possono e noi non potremmo.

Prospettive per lo spread e l'euro

A questo punto è chiaro che ci aspettano settimane movimentate, con un governo che ha rotto gli indugi, mettendo nel conto lo scontro con Bruxelles, dove la prossima settimana si recherà il ministro Tria, evidentemente depotenziato, che dovrà spiegare ai colleghi perchè l'Italia non mantiene gli impegni presi dal governo gialloverde pochi mesi fa in materia di rientro del debito.

In tale ottica, al di là delle parole, abbiamo due precisi indicatori di quanto realmente andrà ad accadere. Lo spread e la quotazione dell'euro sul dollaro. Per quanto riguarda il primo se andiamo ad osservare il grafico giornaliero, ci accorgiamo subito che lo spread è in una fase di compressione, che fa seguito alla rapida salita iniziata a maggio dop le elezioni. Si tratta di una tipica figura che precede solitamente movimenti molto forti e, da un punto di vista tecnico, il movimento atteso è di rottura al rialzo. Per capire dove potremmo ritrovarci nel mese di ottobre, notiamo che sia il grafico mensile che quello giornaliero ci dicono che il livello di 310 punti rappresenta lo spartiacque tra la relativa tranquillità e il mare tempestoso.

Si può ritenere che i mercati andranno a testare questo livello nella prima settimana di ottobre e che se si dovesse rompere al rialzo andremo velocemente intorno ai 400 punti, il livello che precede i famosi 570 punti toccati durante l'ultimo periodo del governo Berlusconi nel 2011. Per quanto riguarda l'euro su dollaro, la situazione è più sfumata ma abbastanza chiara. Dopo avere fallito la rottura rialzista di 1.18 mercoledì, ha iniziato una discesa costante dopo la riunione della Federal Reserve, accentuatasi con l'annuncio del governo italiano circa lo sfondamento dei parametri deficit/pil al 2.4%. Attualmente gli indicatori tecnici sono negativi. Il grafico giornaliero ci mostra il prezzo sotto la media mobile a 100 periodi che probabilmente prelude ad un test al livello di 1.15 con un possibile ritorno ai minimi di settembre situati in area 1.12.

Vediamo come si evolve la situazione e cosa davvero conterrà la nota di aggiornamento del Def. In ogni caso il dardo è tratto e nessuno al governo, sembra avere voglia di rimangiarsi le promesse elettorali. Anche se queste potrebbero portare il paese sull'orlo di una situazione in stile greco.