Il coronavirus ci ha messo di fronte ad una situazione straordinaria e l'unica verità intellettualmente accettabile è che nessuno può dire con chiarezza cosa succederà domani. Autorevoli esponenti della comunità scientifica possono fare supposizioni, ma le circostanze cambiano sensibilmente di ora in ora. Punto. Molto dipende dal senso civico di ognuno di noi che, in alcuni casi, difetta. Lo abbiamo visto in questi giorni. Le giustificazioni a comportamenti ai limiti della legalità sono le più assurde: si passa da “sì, ma sto bene non sono un pericolo” a “non mi importa niente, sono giovane muoiono solo i vecchi”.

Su quanto siano folli queste dichiarazioni si sono spesi fiumi di inchiostro, ma bisogna sottolineare l'effetto che hanno in chi le ascolta. Rabbia, una rabbia viscerale.

La maggior parte della gente, anche quella che non si sente fragile, presenta un ventaglio di sentimenti che fanno a cazzotti per avere la scena. Oltre alla paura per sé e per i propri cari, a creare questo forte senso di destabilizzazione è la sfera del lavoro, l'aver cambiato repentinamente le proprie abitudini senza aver potuto preventivamente preparare il terreno.

Nessun problema, c'è lo smart working

Ecco una nuova parola entrata nel nostro vocabolario quotidiano: smart working o lavorare da casa. Molte aziende lo hanno proposto ai loro dipendenti, per altri è stata un'imposizione e per altri ancora uno stile di vita che andava avanti già da diversi anni.

Il tutto coronato dal plauso dei convinti sostenitori dei nuovi media. Problema risolto, ma non è così. Molti lavori non possono essere svolti da casa (ovviamente) e per gli altri c'è un piccolissimo ostacolo: le scuole chiuse. I bambini, specialmente quelli molto piccoli, non hanno ben chiara la situazione e, per quanto si possa essere organizzati, anche per loro è difficile rinunciare ad una routine consolidata.

L'unica soluzione, per chi può, è rallentare, fare qualche rinuncia e godersi questi momenti con loro senza pensare che a breve l'Economia ci presenterà il suo conto. Perché lo farà comunque. Quanto sarà salato non lo sa nessuno, ma la storia ci insegna che noi italiani davanti alle emergenze sappiamo sempre rialzarci.

Una videochiamata ci salverà

La sfera economica insomma preoccupa ed è normale sia così, ma è quella sanitaria ovviamente a tenere banco. In questo particolare momento il governo italiano ha chiesto ai suoi cittadini di restare il più possibile a casa con ciò chiedendo il più grande dei sacrifici: non poter vedere le persone care, quelle a cui nessuno avrebbe mai voluto rinunciare. L'unico strumento che rimane in piedi è allora quello della videochiamata, unica e sola possibilità di provare a sentirsi uniti anche se lontani. Consolarsi a vicenda pur sapendo che la situazione è molto grave, non resta altro da fare se non darsi forza a vicenda e resistere finchè non tornerà a splendere il sole.