La casa reale saudita ha ordinato una tregua unilaterale di due settimane alle forze armate che combattono nello Yemen. Una decisione che avviene dopo cinque anni di guerra nella punta sud-occidentale della penisola arabica. Recentemente, al contrario, si era verificata un'escalation della violenza. Non sono state fornite motivazioni al cessate il fuoco. L'annuncio è stato però accompagnato da un'offerta di 500 milioni dollari per la ricostruzione e di 25 per “la lotta al Covid-19”.

Ufficialmente nello Yemen non risultano ancora vittime e nemmeno casi di positività Covid-19. Alcuni osservatori, tuttavia, non possono che ricollegare l'improvvisa decisione all'espansione dell'epidemia nel resto della penisola araba. Secondo altri, invece, il motivo dipenderebbe dalle difficoltà interne che la casa reale saudita sta sostenendo in particolare sul fronte del mercato petrolifero.

In ogni caso, il conflitto nello Yemen ha già prodotto centomila vittime ed è stato definito “il peggior disastro umanitario” del secolo. La popolazione, afflitta dalla carestie e dalle malattie infettive (colera, ecc.) è da tempo allo stremo.

La pandemia, qualora non fosse già presente, getterebbe ancor più nel caos le sue strutture sanitarie. Una possibile pace duratura, invece, sarebbe una delle più sorprendenti conseguenze del virus.

L'accettazione dello status quo nello Yemen sarebbe il fallimento della politica saudita

In Yemen gli avversari della coalizione guidata dall'Arabia Saudita sono i ribelli Huthi, di confessione sciita. Questi non hanno dato ancora riscontri al cessate il fuoco unilaterale della controparte. Nelle ultime settimane, però, hanno presentato all'Onu una loro proposta di pace, sulla base della situazione sul terreno.

Un'eventuale pace su tali basi sarebbe uno scacco per la monarchia saudita. Da anni, infatti, gli insorti Huthi si sono impadroniti della capitale Sana'a e del nord del paese.

Il governo filo-saudita, invece, sembra relegato nella parte meridionale, attorno ad Aden. Il principale alleato e finanziatore dei ribelli è l'Iran sciita, cioè il principale nemico dei sauditi e anche degli Stati Uniti, almeno a livello regionale.

L'accettazione dello status quo, avrebbe come conseguenza la presenza stabile dell'Iran all'imboccatura del Mar Rosso. Le conseguenze non sono soltanto geopolitiche ma anche di carattere commerciale, a livello mondiale. Di lì, infatti, transitano le petroliere che, dai pozzi del Golfo Persico giungono in Europa, tramite Suez. Attraverso il Mar Rosso e il Canale di Suez, transiterà anche la nuova “Via della seta” cinese.

Nessun caso di positività nello Yemen ma 150 contagiati nella casa reale saudita

A Ryad, al contrario, il Covid-19 è già presente da alcune settimane. Il governatore della capitale è attualmente ricoverato. Ben 150 contagi sono stati registrati all'interno della casa reale. L'84enne sovrano – che già versava in precarie condizioni di salute – è stato confinato in una sontuosa residenza in un'isola del Mar Rosso. D'altronde già da alcuni anni aveva lasciato il potere effettivo al principe ereditario Mohammed bin Salman, anch'egli attualmente in isolamento.

L'impegno saudita a favore del legittimo governo yemenita, di confessione sunnita, è frutto della Politica regionale voluta dal principe Salman.

Dal 2015 a oggi, il fallimento della sua Politica Estera espansiva è stato “certificato” dagli attacchi subiti alle installazioni petrolifere Aramco, rivendicati proprio dai ribelli yemeniti. Salman sta inoltre conducendo una guerra commerciale alla Russia, a colpi di ribassi del prezzo del petrolio, che non sembra aver registrato esiti positivi per la monarchia saudita. Infine, l'immagine del principe, a livello mediatico mondiale, si è progressivamente screditata a partire dal 2018, essendo accusato di essere stato il mandante dell'omicidio del giornalista Jamal Kashoggi.

E' quindi una triplice crisi, quella subita dalla maggiore potenza regionale araba: militare, economica e sanitaria. A ciò si aggiunge la crisi di immagine del suo leader attuale.

Per questo Salman sta tentando una rapida composizione della guerra commerciale con Putin e punta a rifarsi un'immagine internazionale, offrendo una tregua nello Yemen. Approfittando del fatto che, al momento, sta ricoprendo la carica di Presidente del G20.