Se n’è andato così, quasi in sordina, nel momento se possibile più inatteso, dopo il grande spavento di una manciata di giorni prima con l’operazione alla testa: Diego Armando Maradona è spirato nella sua casa in Argentina per via di un arresto cardiaco.
Il mondo piange
Se ne va, nell’incredulità di tutto il mondo, all’età di 60 anni Diego Armando Maradona. Se ne va, scherzo del destino, nello stesso giorno di George Best e del suo grande amico, suo idolo, Fidel Castro. Lo piange Napoli, che rispetterà un giorno di lutto cittadino; lo piange l’Argentina, dove è stato indetto lutto nazionale di 3 giorni; lo piange il mondo dove le sue giocate palle al piede rimarranno indelebili.
Genio e sregolatezza
Chi, più di Diego, può incarnare alla perfezione la definizione di “genio e sregolatezza”? Probabilmente nessuno. Un funambolo in mezzo al campo, un uomo tormentato fuori. Perché se da un lato il Maradona campione era letteralmente inarrestabile, l’uomo Diego è stato spesso vittima della sua stessa figura. Muscoli d’oro, cuore di cristallo.
Anima fragile
La personalità del Pibe de Oro è quella di ragazzo estremamente semplice, probabilmente per via delle umili origini, che lo hanno portato anche ad impegnarsi per il sociale e a portare avanti le sue personali lotte per l’emancipazione. Emblematico fu l’episodio della partita di beneficenza giocata ad Acerra, la celebre partita nel fango.
Partita vietata dall’allora presidente del Napoli per scongiurare infortuni ai suoi giocatori e che Diego decise di giocare ugualmente, pagando tra l’altro a sue spese il trasporto per tutti i suoi compagni.
Ed è per questo che a Maradona tutto era concesso e tutto si perdonava. Gli si perdonavano gli allenamenti saltati, gli si perdonavano gli scivoloni extra campo, insomma finché la domenica giocava da Maradona, nulla gli si poteva dire.
E forse, Diego, faceva fatica ad abituarsi a questo, o forse non ci si è mai veramente abituato. Un amore incondizionato di una terra, di un popolo, quello di Napoli, che lo vedeva, e lo vede tutt’ora, ai limiti del divino, anche al netto di tutti i (continui) “colpi di testa”.
Una volta in una intervista chiese: “Chissà se continueranno ad amarmi”.
Basta guardare Napoli e Buenos Aires, oggi, per trovare risposta.
L’uomo sopraffatto dal mito
E forse, col senno di poi, è proprio questo ad averlo accompagnato all’uscita, definitiva, da questa vita. Diego ha vissuto nella sregolatezza, questo è evidente. Diego ha probabilmente ceduto alla popolarità, che lentamente lo ha logorato, consumato da dentro, non riuscendo a dribblarla.
Diego è stato sopraffatto dal personaggio Maradona, dal campione Maradona, dalla divinità Maradona, e non ha saputo reggere il confronto. Una vita da rockstar, con le luci della ribalta continuamente puntate addosso, ma che quando sì spegnevano lasciavano spazio ai demoni e tante troppe ombre.
Ma Diego è, e resterà, l’idolo incondizionato di tutti gli sportivi, non solo calciatori.
Perché se quando vedi una Ferrari dici “Schumacher”, se quando vedi una racchetta dici “Federer”, se quando vedi un canestro dici “Jordan”, allora quando vedi una sfera di cuoio non potrai non dire “Maradona”!
Campione del Mondo con l'Argentina, vincitore di due scudetti con il Napoli a cui ha regalato anche una Coppa Uefa, Maradona fu costretto a smettere di giocare quando nel 1994 venne trovato positivo per l'ennesima volta ad un controllo antidoping che ne decretò la sua positività alla cocaina.
L'arresto cardiaco che ne ha decretato la morte è stato causato dai postumi dell'operazione subita al cervello a inizio novembre. Il 30 ottobre scorso aveva compiuto 60 anni.