Sono trascorsi ormai due anni dall'inizio della pandemia da Covid-19 e le paure legate all'impatto che quest'ultima avrebbe potuto avere sulla parità di genere, si sono concretizzate. Tutti, chi più e chi meno, sono stati colpiti da questa crisi economica e sociale, ma la figura della donna, già particolarmente precaria prima dell'inizio della pandemia, ha subito un regresso. A confermarlo é l'UN Women, l'ente delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere la quale già nel primo periodo della pandemia, lanciò l'appello: la categoria delle donne sarebbe stata quella maggiormente penalizzata.

Così é stato. Dopo anni di lotte per conquistare un'emancipazione tanto desiderata, oggi, con l'insorgere della pandemia si evince quanto sia ancora molto lungo e difficoltoso il percorso per il raggiungimento della parità di genere.

Le donne e l'impatto della Dad sulle famiglie

L'emergenza sanitaria ha inciso fortemente sugli equilibri di moltissime famiglie in tutto il mondo e le donne, con figli in età scolare, devono gestire un carico di lavoro maggiore dettato dall'introduzione da parte del governo della didattica a distanza (Dad). Perdersi tra le scartoffie burocratiche, video-lezioni, colloqui telematici, richiede uno sforzo notevole da parte di tutte quelle madri che devono anche occuparsi della gestione della casa e per le più fortunate, immergersi nella nuova dimensione lavorativa dello Smart Working.

Una dimensione a cui non é stato semplice abituarsi e che ha portato a galla tutte le difficoltà legate anche alla gestione economica della stessa. Secondo studi Unicef del 2021, il 27% delle famiglie ha dichiarato di non avere strumenti tecnologici sufficienti in grado di poter supportare le attività dei figli e dunque hanno avuto necessità di acquistare nuove apparecchiature come tablet, pc, stampanti: costi, che hanno avuto un impatto devastante soprattutto per chi non ha un lavoro stabile, in grado di sostenerli.

La crescita della precarietà femminile

Chi continua a subire le conseguenze di questa crisi sono le donne: categoria maggiormente impiegata nei settori considerati più esposti al virus e con il più alto numero di licenziamenti. Una precarietà che cresce a vista d'occhio alimentando paure e incertezze per un futuro carico di responsabilità.

L'Istat parla chiaro: il 98% di chi ha perso il lavoro é donna, in quanto spesso costrette a scegliere se dedicarsi alla famiglia o alla propria carriera professionale. Una situazione che fa tornare indietro nel tempo, annullando anni di conquiste e battaglie per raggiungere un'uguaglianza che oggi ha il sapore di un'amara e fragile illusione.

Le conseguenze psicologiche della pandemia

Le difficoltà che le donne stanno affrontando durante la pandemia, non può non avere dei risvolti psicologici. Secondo un'indagine Ipsos, presentata il 4 Marzo 2021 all'edizione speciale del WeWorld Festival, l'80% delle donne dichiara di aver problemi nelle relazioni sociali, il 46% dichiara di aver poca voglia di vivere e tra le più giovani, insorge maggiormente il repentino cambio di umore e la poca autostima.

Al XXII congresso nazionale della società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia, viene dichiarato che ci saranno 150.000 nuovi casi di depressione dovuti proprio dalla disoccupazione da covid e le donne sono la categoria più esposta a tale rischio.

Nicoletta Gava, psicologa e docente della facoltà di Psicologia nell'università di Torino dice a riguardo: "Le donne provano molteplici emozioni: senso di inadeguatezza e senso di colpa, rabbia verso se stesse o verso i propri figli e familiari, ansia e paura per il proprio futuro. Nei casi più gravi, troviamo senso di disperazione fino a pensieri suicidi".