L'occupazionesul lavoro è il tema principale discusso dai media, sindacati e dirigentiitaliani che alzano l'attenzione sul dato crescente della disoccupazione, incitando alle riforme strutturali immediate. E' importante ricordare che nessuno è immune dalle politiche europee perl'occupazione.
Pergli occupati e disoccupati, ciò che determina lo stravolgimento del cosiddetto"mercato del lavoro" sono le politiche europee stabilite dalprogramma comunitario. Il 2 febbraio 2005 la Commissione Europea, all'internodella comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo, propone il rilanciodella strategia di Lisbona (2007-2013).
Lacomunicazione "SEC(2005)981 Com (2005) 330", incita alla fiducia ealla determinazione nel raggiungimento degli obiettivi attraversol'innovazione, la sostenibilità e la crescita.
La linea strategica di Lisbona è dettata dalla volontà di rendere l'Eurozona, cioè l'UE, un'economia dinamica ed espansiva, competitiva e più dinamica del mondo. Gli obiettivi prefissati e non raggiunti da tutti per il 2010, erano l'occupazione complessiva al 70%, l'aumento degli investimenti in RS&T (Regional Science & Technology Organizations) fino a raggiungere il 3% del Pil, l'aumento dell'età d'istruzione, e i servizi per l'infanzia fino al 90% (fonte: FOP).
Ilsolo compito della politica italiana è adeguarsi al programma attraverso azionimirate per favorire l'occupazione e la modernizzazione dell'economia, rispettandola condizione di Stati membri per le politiche di coesione sociale, economica eterritoriale.
Daltrattato di Amsterdam del 1997 all'introduzione del SEO (strategia europeadell'occupazione) viene istituito un quadro che stabilisce le linee direttriciper l'occupazione che ogni stato deve adottare in base a quattro principi:occupabilità, adattabilità, imprenditorialità, pari opportunità.
Irisultati raggiunti dalla Commissione Europea, e pagati a caro prezzo dal capitaleumano, come amano definirci, sono descritti nelle carte di un altro accordo, ilPatto europeo per la gioventù, preceduto da "Un nuovo impulso per lagioventù europea" del 2001, proposto dai capi di Stato e di governo di Francia,Germania, Spagna e Svezia.
Richiesti sforzi da parte degli Stati membri,sorretti dalla Commissione con aiuti di stato per il sostegno della conoscenzain campo di innovazione e nuove tecnologie, formazione, mobilità, flessibilità.
Laflessibilità è la parola più utilizzata dal parterre politico europeo, cheinciampa su un'altro termine: adattabilità, ovvero accrescere la capacità diadattamento dei lavoratori e delle imprese. L'obiettivoè rendere l'economia sempre più globalizzata, con l'adattamento dei salari aibisogni dei mercati di capitali privati.
La Commissione europea, si aspettadagli Stati membri piani d'azione credibili e ambiziosi per far funzionare lastrategia di Lisbona che si conclude con l'affermare che la soluzione allacrisi globale è scritta nelle carte. Ma sono omesse le conseguenze dellaleadership europea, sottoscritta dalla politica degli stati membri, sotto ilnome di Euro.
"L'Europadeve indicare il cammino. L'Europa deve dimostrare di saper scegliere. Deveconcretizzare le sue scelte. Scelte che devono essere ambiziose, ma ancherealistiche. Dimostrando la propria leadership la Commissione puo' stimolaregli Stati membri ad imitarla. Solo con le forze unite della Commissione, delParlamento europeo e degli Stati membri l'Europa puo' raggiungere gli ambiziositraguardi posti dalla strategia rinnovata di Lisbona.
E' giunto il momento diprodurre risultati concreti."
La politica sull'occupazione daseguire è già scritta dai 17 governatori di Bruxelles. Il mercato del lavoro, così ossessivamente nominato, ha comeunica prospettiva la precarietà, che si traduce in una corsa affannosa alguadagno, al raggiungimento di una posizione sociale ammirevole premiata dal merito senza essere choosy. I governi tecnici che si sono succeduti, sono i più adatti ad attuarla, perché devono seguire inmodo esclusivo l'andamento della moneta e del mercato a cui tutti siamo condannati.