Nonostante le polemiche, le resistenze e le puntualizzazioni provenienti da tutte le parti interessate, imprenditori e sindacati, Matteo Renzi non si arrende e conferma l'intenzione di dare la possibilità ai lavoratori dipendenti di avere in busta paga il Trattamento di Fine Rapporto. I tecnici di Palazzo Chigi sono al lavoro per trovare una soluzione che consenta di non penalizzare le aziende, privandole di un'importante fonte di finanziamento, e di rilanciare la capacità di spesa dei lavoratori.

Stipendio doppio a febbraio

La nuova ipotesi su cui si lavora è quella di consentire la riscossione del TFR in un unico versamento, con la busta paga di febbraio.

Il principio della volontarietà, che al momento sembra essere l'unico elemento certo del progetto, si allargherebbe quindi alla possibilità, da parte del lavoratore, di scegliere se trasferire in busta paga il TFR maturato nell'anno precedente mensilmente o in un'unica soluzione. Una possibilità che non dovrebbe riguardare quei lavoratori che, a suo tempo, hanno già scelto di versare il Trattamento di Fine Rapporto in un fondo pensione integrativo, sempre che il contratto collettivo del fondo prescelto non preveda questa possibilità.

La contrarietà di Confindustria

Dopo aver incassato, nei giorni scorsi, l'appoggio di Sergio Marchionne, il premier ha dovuto fare i conti con la netta contrarietà di Confindustria il cui presidente, Giorgio Squinzi, ha liquidato la proposta con una battuta: "E' solo un regalo al fisco".

E' nota, infatti, la preoccupazione delle aziende, soprattutto quelle piccole, per le quali l'accantonamento del TFR dei propri dipendenti costituisce una fondamentale fonte di finanziamento. Preoccupazione che, nelle intenzioni di Renzi, dovrebbe essere superata da un meccanismo allo studio che permetterebbe alle imprese di finanziare il trasferimento delle risorse nelle buste paga attraverso l'accesso al credito agevolato.

Tecnicamente, si tratterebbe di istituire un apposito fondo, composto dalle banche con la possibile partecipazione della Cassa Depositi e Prestiti, che erogherebbe alle aziende, con la garanzia governativa, i fondi corrispondenti ai TFR trasferiti. Fondi che potrebbero essere reperiti attingendo ai finanziamenti della Banca Centrale Europea.

I dubbi dei sindacati

Al progetto "TFR in busta paga" neanche il sindacato sembra disposto a stendere un tappeto rosso, preoccupato per la possibile tassazione accomunata al normale stipendio e quindi penalizzante per il lavoratore. Rassicurati su questo fronte dalle ipotesi allo studio, rimane il sospetto, da parte dei sindacati, che Renzi voglia usare la leva del TFR, unitamente alla conferma degli "80 euro", per romperne il fronte in vista dello scontro sul job act, in particolare sui temi dell'articolo 18 e della rappresentanza sindacale.

Una boccata d'ossigeno per il fisco

Posto che si riesca a trovare la quadratura del cerchio, con i lavoratori che non sarebbero penalizzati da un'aliquota Irpef superiore e le imprese che non perderebbero la loro fonte di finanziamento grazie all'intervento delle banche, il trasferimento del TFR in busta paga rimarrebbe un ottimo affare per le casse dello Stato che registrerebbero entrate variabili tra i 2 e i 5 miliardi di euro. Risorse che potrebbero essere utilizzate per ridurre il costo del lavoro e tentare di far ripartire l'economia, ecco il vero motivo dell'insistenza di Matteo Renzi.