In Egitto, il 90% della popolazione dichiara di appartenere alla religione islamica. Vi sono comunque importanti minoranze, come quella dei cristiani copti, che ricopre quasi tutto il restante decimo degli egiziani, e piccoli gruppi di ebrei e di aderenti alla religione bahá'í. Proprio per non andare a ledere i diritti di queste minoranze, la costituzione del Paese nordafricano garantisce la libertà di coscienza e di scelta religiosa, ma evidentemente all'interno delle opzioni possibili non è prevista quella di non avere nessuna religione.

Come messo in evidenza da Human Rights Watch e dall'Iniziativa Egiziana per i Diritti Individuali (EIPR), in Egitto è in vigore una pesante discriminazione degli atei: tra il 2011 ed il 2013, ben ventisette persone sono state arrestate sulle quarantadue processate per questa ragione.

E, a leggere le numerose testimonianze, la situazione non è migliorata negli ultimi anni. A "condannare" l'ateismo sarebbe un altro articolo della costituzione, che vieta l'insulto o la mancanza di rispetto nei confronti delle tre grandi religioni monoteistiche (Islam, Cristianesimo ed Ebraismo). Da questo punto di vista, infatti, sia i leader religiosi musulmani che quelli cristiano-copti sono pienamente d'accordo nella lotta all'ateismo ed all'apostasia.

In una società che, nonostante gli avvenimenti della cosiddetta "primavera araba", resta prevalentemente conservatrice come quella egiziana, alle persecuzioni legali si uniscono le discriminazioni quotidiane che subiscono le persone che decidono di manifestare il proprio dissenso nei confronti della religione.

Gli atei rappresentano infatti una fetta molto piccola della popolazione, ma le persone che fanno la scelta abbandonare la religione della propria famiglia sono sempre più numerose fra i giovani. Alcuni ragazzi hanno riferito di dover nascondere il proprio ateismo ai genitori ed addirittura di essere stati processati per aver espresso il proprio pensiero in materia religiosa sul proprio profilo Facebook, mentre altri sono stati persino arrestati dopo essersi rivolti alla polizia per denunciare le discriminazioni subite.

In una situazione che appare drammatica, le autorità governative non solo non si sono espresse in favore dei diritti degli atei egiziani, ma addirittura si sono apertamente schierate dalla parte delle misure repressive per combattere l'ateismo e l'apostasia, a partire dal ministro dei beni religiosi, Ahmed Turk, che ha voluto sottolineare il carattere musulmano dell'Egitto.